“Non preoccuparti se gli altri non ti apprezzano.
Preoccupati se tu non apprezzi te stesso.”
(Confucio)

Situazioni, storie, ricerche, vissuto personale… quante cose ancora si devono mettere in campo per parlare di arte? Un artista deve sempre svelare se stesso e le proprie emozioni o si accontenta di essere patina superficiale senza grattare lo spazio sottostante? Oltre ciò che si vede, oltre la tela dipinta, la scultura plasmata, la traccia di ciò che è stato e che ora è si ritrova nel visibile, nell’opera finita, ma oltre l’immagine c’è la storia di chi ha usato i colori, le forme e si è posto un solo obiettivo: creare.
Diffidare sempre di chi crea per moda o per inseguire il guadagno facile, gli applausi arrivano, i soldi pure, ma poi? Cosa succederà di chi si è fermato a trovare un unico metodo e un’unica realtà visiva? Si perderanno tutti. Poco importa ai posteri il ricordo di chi si è stati, dei successi più o meno effimeri e della vanagloria, ma è questa la vita che si desiderava? È questo ciò di cui si aveva necessità?
Tra “la vita è adesso, ora” e “non mi importa di ciò che si crede di me, io continuo” passa un infinito mondo di dubbi, domande, affermazioni. Meglio la gloria subito ed effimera o il riconoscimento poi in base a studio e osservazione? Poco importa chi vince la sfida, importante è non gettare mai perle ai porci col rischio di calpestare il fango che circonda la terra dove si cammina arrivando a sporcare il cammino e l’anima.

È facile scendere a compromessi, è superfluo ricordare che i sogni chiusi dentro un barattolo se non liberati odorano di marcio, è inutile creare se non si può mostrare e allora perché questo “tormento ed estasi” continuo? Un tarlo che spinge sempre a fare, fare, fare e mai fermarsi. Chi crea per business, chi per passione, chi per amore, chi perché non ha niente altro da fare e niente altro sa fare, eppure in un mondo a cui viene dato (quasi) sempre lo spazio al pensare e all’agire si è sempre più immischiati in una solitudine globale e il silenzio può urlare in mezzo alla folla, tanto nessuno lo ascolta.Indifferenti tra i mille richiami delle metropoli tra i milioni di utenti che si attaccano alle reti di comunicazione ognuno vive il proprio mondo non accorgendosi di essere in realtà il pulviscolo di polvere sul tetto delle stelle.

E passa tutto oltre, tutto avanti, tutto scorre perché non c’è mai tempo, il vero male contemporaneo, manca il fiato dopo la corsa, ma lo corsa non è finita, qualcuno ti supera sempre e bisogna continuare e riprendere a correre. Sarebbe bello e necessario poter sedimentare e lasciare le ore pigre alle spalle, prendersi quel poco che serve per capire e per creare, per mostrarsi poi.
Invece? Nulla. Si inseguono sogni che corrono dietro ad altri voli onirici, si raggiungo mete per scavalcarne altre, si conta solo in base a quanti like si fanno, a quanti followers si riescono a raccattare, è questa la vita che vogliamo? A quanto pare sì.
Dov’è finito il tempo per la noia? Per creare nonsense e movimenti, per sbagliare e ricominciare? Dove sono gli artisti e i creativi? Perché tutti presi da diventare qualcuno, di essere visibile e conosciuto? Neppure i reality show son più tali, quale realtà falsata devono ancora dimostrare?
Voglio perdere la testa leggendo un libro difficile, scervellarmi di fronte ad un’opera all’apparenza insignificante, sforzare gli occhi rischiando di a perderli, ribaltare il capo fino a farmi male per riuscire a comprendere, voglio spiegazioni forzate, lontane, difficili e nessuno che mi dica il perché si fa quello che si fa.
Voglio scrivere senza rileggere, almeno perciò che riguarda questo testo e queste righe, perché all’uomo si perdona tutto, tranne gli sbagli ed io voglio ancora sbagliare, perché dai propri errori si impara e la mancanza di perfezione è il dubbio che fa continuare a crescere e a credere che si può far di meglio altrimenti come la si spiegherebbe l’ansia da prestazione e da creazione che ha coinvolti insoddisfatti personaggi celebri nell’arte come Leonardo di cui ancora oggi a cinquecento anni dalla sua morte ancora si parla?
Non si sa cosa sarà, cosa si è e cosa si vuole, ma nell’incertezza si viaggia, si sbaglia, si impara, si segna il tempo, ora.