“A mio avviso non ci sostituisce al passato, semplicemente si aggiunge un nuovo anello alla sua catena”
(Paul Cézanne)
Tempo, quante volte ricorre la parola tempo nei nostri discorsi, nei pensieri, nel quotidiano e nella paura del domani, il tempo futuro che dovrà ancora arrivare e il tempo perduto, quello passato, che non torna più.
Si rincorre questo tempo con la paura di bruciarlo tutto, di non avere più spazio e di consumare tutta l’aria attorno che c’è, con il segreto timore di avere perduto tutto e di non aver concluso poi nulla.
Il passaggio dei mesi prima e degli anni poi, decreta il ricordo positivo o la dimenticanza di chi si è stati, “ai posteri l’ardua sentenza” recitavano i versi de “Il cinque maggio” di Alessandro Manzoni, essere scordati o ricordati toccherà poi alle generazioni future che capiranno o meno l’importanza di ciò che si è creato, di ciò che si è fatto.
Molti saranno i dimenticati, pochi coloro ricordati, ancor meno quelli citati, è più importante sgomitare e “farcela” adesso o ritrovarsi ricoperti di gloria futura?
La tendenza tutta contemporanea di essere “famosi per 15 minuti” come declamava Andy Warhol sembra il motivo dominante in questa società: le pagine e i social media si riempiono di reality show, di Grande Fratello, di salotti televisivi, della sagra dell’inutile fuffa che rende famosi e presto dimenticati, di sicuro non ricordati “ai posteri” nemmeno tra una decina d’anni.
“Non ho tempo ora, scrivimi un sms e poi ci sentiamo”
“Per quanto tempo devo aspettare ancora?”
“Buongiorno, mi scusi le rubo solo un minuto di tempo…”
“Ti concedo il tempo necessario per parlare”
“Non è ancora il tempo per te”
“Il tempo è passato troppo in fretta perché me ne accorgessi”
“Datti tempo! Vedrai che arriva quello giusto anche per te!”
“Con lei il tempo non è stato benevolo“, troppe frasi ripetute e sentite che logorano e spostano il tempo che poi non si recupera più, il Mahatma Gandhi era solito dire: ” Voi occidentali, avete l’ora ma non avete mai il tempo.”
Sembra che l’attesa, il fatto di dover aspettare, di costruire il proprio lavoro passo a passo sia passato di moda, vale il “tutto e subito”, si pretende di apprendere tutto con un click, il saper attendere il maturare delle cose non fa più parte di questo mondo.
Paul Cézanne, ad esempio, si era reso conto di essere oltre l’Impressionismo, le sue ricerche lo portarono ad isolarsi e a creare la fama dell’artista scontroso e burbero, solo successivamente sarebbe stato ricordato e apprezzato dalle generazioni future, i Cubisti in primis, folgorati da una retrospettiva parigina del 1907, al Salon d’Automne, ad un anno dalla sua morte e sconvolse e cambiò la visione di un’intera generazione di nuovi artisti quali Pablo Picasso e Amedeo Modigliani aprendo le strade alle Avanguardie Artistiche del Novecento.
La rovina oggi risiede nel successo troppo facile, nella monetizzazione immediata e semplificata, molte le fila di coloro che si schermano dicendo “è una grossa opportunità e visibilità che ti viene data” non riconoscendo in questo modo il valore e la fatica dell’artista, ma è altresì vero che alla prima parvenza di successo quei “15 minuti” di bruciata celebrità diventano un’arma a dopo taglio.
Si rischia la sovraesposizione, si arriva alla paura di una ricerca da affiancare ai lavori col timore di perdere i consensi del pubblico, perché un frutto appaia, maturo e buono ha bisogno di un ritmo ben preciso di crescita, di pazienza, costanza, momenti difficili e intemperie che ne ostacolino o aiutino, al contrario, il suo cammino, altrimenti è solo un prodotto ripetuto e stantio nel gusto e nei sapori uguale a tanti altri prodotti da serra.
Il tempo aiuta, forse logora chi lo vive, arriva a rodere dentro per l’angoscia di aver sbagliato tutto e di non farcela, lo stesso Vincent Van Gogh scrisse al fratello Theo: “Non posso cambiare il fatto che i miei quadri non vendono. Ma verrà il giorno in cui la gente riconoscerà che valgono più del valore dei colori usati nel quadro.”