E’stata inaugurata sabato 8 febbraio 2020 alle ore 17.30 presso Palazzo Angeli a Padova la mostra fotografica “Eterea” dell’artista padovana Barbara Pigazzi.
Organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova e curata da Enrica Feltracco con introduzione critica di Massimiliano Sabbion, la mostra è un percorso di una quarantina di opere fotografiche che raccontano e riflettono la personalità di Barbara Pigazzi in un viaggio tra le immagini e gli scatti in bianco e nero di corpi, paesaggi, orizzonti che si perdono nell’infinito a raccontare la sensibilità che appare per mezzo della fotografia.
Archivio tag Barbara Pigazzi
Il Monte di Pietà a destra, la maestosa severità del Duomo davanti con a fianco il Battistero decorato da Giusto de’ Menabuoi, il Palazzo Arcivescovile a sinistra e la piazza centrale che tutto abbraccia. Davanti, dirimpetto al Duomo, si apre il ghetto ebraico e camminando sui sampietrini si ripercorrono strade antiche, memorie e ricordi di un tempo passato che si accavallano al presente caotico fatto di traffico d’auto, biciclette e motorini, gente che parla al cellulare o che si isola con le cuffiette ascoltando musica.
“DISSOLVENZE”
26 Ottobre 2019 – 30 Novembre 2019
Museo Diocesano, Padova
Inaugurazione, sabato 26 Ottobre 2019, ore 18.00
MV Eventi e il Museo Diocesano di Padova presentano la mostra “Dissolvenze”, curata da Enrica Feltracco, Massimiliano Sabbion e Matteo Vanzan.
L’esposizione sarà inaugurata sabato 26 Ottobre alle ore 18.00 nelle splendide sale del Museo Diocesano di Padova
47 artisti nazionali e internazionali più il Poetic Hotel racconteranno la loro idea di dissolvenza nell’arte oggi, attraverso pittura, scultura, fotografia, video art e installazioni.
“Elevo questa spada alta verso il cielo
Giuro sarò roccia contro il fuoco e il gelo
Solo sulla cima
Arriveranno in molti
E solcheranno i mari
Oltre queste mura troverò la gioia
O forse la mia fine comunque sarà gloria
Lotto per amore, lotterò per questo
Io sono un guerriero
Veglio quando è notte”
(Guerriero – Marco Mengoni)
Barbara Pigazzi, si fa guerriera con l’arte usando l’arma che più le è congeniale: la fotografia.
La forza è una violenza emotiva attraverso il calore che è inscenato in installazioni tra oggetti e fotografie in cui si fa strada il simbolo per eccellenza dell’amore: il cuore.
Il cuore rappresentato è maltrattato dalla sudditanza di una donna guerriera in veste di geisha, simbolo della sottomissione del piacere e della cultura che la opprime, ma in realtà forte e combattiva, mai paga, mai arrendevole.
È un organo che pulsa quello rappresentato, nudo e vero, sede e motore della vita, responsabili degli attimi emozionali di cui l’esistenza si circonda, ma spesso maltrattato, usato e calpestato da chi dovrebbe proteggerlo e conservarlo con preziosa attenzione.
“…e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno come le rose.”
(La canzone di Marinella – Fabrizio de Andrè)
Perché un essere umano arriva ad infierire su un altro suo simile solo perché presumibilmente debole e privo di difesa? Perché i sentimenti cambiano e dall’amore si passa all’odio? Che cosa spinge un uomo ad usare violenza verso una creatura più fragile, spesso verso una donna?
Ogni giorno i media si riempiono di violenza perpetrata verso chi non trova rispetto, amore e protezione e non si contano gli episodi di femminicidio, di violenza carnale e psicologica ai danni delle donne.
La violenza dilaga, dal singolo, al gruppo che schernisce e sporca la purezza dell’anima più debole, un corpo che cade sotto i colpi di chi usurpa e lo viola facendolo sentire un oggetto, una “cosa” su cui scaricare rabbia e paure, un corpo che si trova abusato e usato, un’anima ferita, divisa in due, tra ciò che segna il mondo prima della violenza e il dopo, mentre il tempo scorre e continua.
“Puoi mettere in gabbia una tigre, ma non puoi essere sicuro di averla domata.
Con gli uomini è più semplice”
(Charles Bukowski)
La gabbia è un luogo, uno spazio creato per imprigionare qualcosa o qualcuno, anzi un non-luogo fatto di rete o sbarre cui passa la luce, l’aria ma i movimenti e la libertà sono limitati.
La gabbia è una prigione aperta nello spazio e in mezzo al niente in cui si è costretti a guardare e vivere in maniera passiva le cose esterne che sono libere, fuori dal piccolo non-luogo assegnato.
La gabbia è un sentimento non detto, un’idea non espressa, una sensazione soffocata dove si esprime un disagio e implode la voglia d urlare senza pregiudizi e senza accuse.
La gabbia è rabbia, è sofferenza, è passione, è un urlo soffocato da un impedimento fisico, è un laccio, è un sacco di plastica che non lascia traspirare l’aria, è un velo sul viso che chiude gli sguardi e li offusca, è un segno sulla pelle.
La gabbia non è una prigione, è l’illusione di una libertà.