“Non c’era tafano sul dorso d’un cavallo, pertugio di tarlo in una tavola,
buccia di fico spiaccicata sul marciapiede che Marcovaldo non notasse,
e non facesse oggetto di ragionamento,
scoprendo i mutamenti della stagione,
i desideri del suo animo,
e le miserie della sua esistenza.”
(Marcovaldo – Italo Calvino)
L’uomo riesce ancora a stupirsi? Il senso di meraviglia, di immersione totale nelle cose e la sensazione di riempimento degli occhi e del cuore è ancora attuale?
Spesso si passa indifferenti di fronte agli spettacoli offerti dalla natura, dalla gente che ci circonda, da un’opera d’arte vista dal vivo o come semplice immagine in un libro o in un social network, davanti agli occhi possono passare quotidianamente nuove emozioni e, noi, presi costantemente dalla frenesia della vita, non ce ne accorgiamo, molto spesso scivola tutto addosso e passa.
Ritorna alla memoria la lettura della semplicità di Marcovaldo descritto da Italo Calvino nell’omonimo romanzo, un uomo semplice capace di perdersi nell’osservare una foglia in mezzo al traffico, intento a seguire il percorso di un rigagnolo d’acqua dopo la pioggia o scrutare il volo di uno stormo di uccelli, tutto nel mezzo del tran tran cittadino.
Ebbene, siamo ancora capaci di provare stupore? La semplicità delle emozioni è pari agli occhi di un bambino desideroso di affondare i denti sul cono gelato appena comprato o l’affetto regalato da un abbraccio alla sua bambola preferita curata amorevolmente da una bambina, sono immagini che scorrono in visione se solo si pensa di prendere del tempo per imparare a guardare quello che ci succede attorno.
Il denominatore comune è dato da un fattore semplice, ma spesso dimenticato: l’osservazione di ciò che ci circonda.
Sì, osservare per poter fagocitare le sensazioni, “vedere” più che “guardare”, un esercizio quasi dimenticato nel mondo contemporaneo.
Quante volte capita di compiere un breve tragitto da un capo all’altro della città e dal punto A recarsi al punto B senza notare nel percorso lo spazio che vi intercorre? Perché? Perché si considera il tempo un bene troppo prezioso per essere sprecato e scialacquato osservando la città.
Spesso sono gli artisti che imparano e ci insegnano, per mezzo del loro lavoro, a bloccare le immagini di uno spazio circostante, poco importa che sia metropolitano o rurale, l’accento è posto su quei luoghi che spesso per mancanza di tempo o fretta non osserviamo mai del tutto.
La rivoluzione degli Impressionisti fu in primis quella di poter uscire e osservare la luce, i colori, le forme, ed affrontare il cambiamento epocale e la natura con occhi diversi, diventando la fotografia di un’epoca, di un momento colto in un istante preciso e fissato poi sulle tele per sempre.
Oggi le città si soffermano davanti agli artisti della street art, evoluzione di una scuola di pensiero partita col mondo del graffitismo fino a definire i writter e movimenti dell’urban art, con il rischio di diventare troppo compiacenti e decorativi in situazioni di puro compiacimento visivo.
Ciò che un artista non deve mai scordare è senza dubbio il tempo dedicato all’osservazione che presuppone una ricerca, non ci si improvvisa artisti, ci possono essere scuole che aiutano e guidano alla conoscenza di materiali, tecniche, insegnano a sviluppare i talenti, ma nessuno si “diploma” artista se non ha specificatamente qualcosa da dire.
Lo studio e la scuola aiutano, nessuna improvvisazione ma strumenti atti a proseguire un cammino che poi si svilupperà, gli autodidatti sì, ma fino ad un certo punto. Tutti hanno bisogno di una guida e di chi possa aiutare a trovare il punto di osservazione per capire al meglio ciò che si sta creando.
Qualcuno ci ha insegnato l’alfabeto, poi le regole di lettura, la grammatica e poi? Poi sta a noi imparare a leggere, scrivere, dare messaggi e imparare ad osservare per imparare davvero a stupirci ogni giorno, magari come Marcovaldo seguendo il percorso di una foglia caduta: “Chi ha l’occhio, trova quel che cerca anche ad occhi chiusi.”