Pubblicato il 20 marzo 2015 in http://vecchiatoart.blogspot.it

Quante volte dopo un viaggio o una gita ci si è fermati in qualche bancarella locale per comprare qualche “ricordino” del luogo che segna, in maniera un po’ feticista, il piacere di portare a casa un souvenir del viaggio compiuto?
Piccoli oggetti di pessimo gusto spesso prodotti in serie e a basso costo Made in China che riproducono luoghi o monumenti del posto appena visitato.
E le case si riempiono di lampade che ricalcano il David di Michelangelo, gondole veneziane con luci a intermittenza poggiate sul tavolino, accendini a forma di Torre di Pisa, canovacci e ombrelli con stampe dei dipinti famosi del museo…tutta una serie di merchandising trash di cui ogni casa si riempie.
Oggetti cosi genuinamente incantevoli e orribile da lasciare solo una parola per descriverli: perfetti!
Spesso si arriva a parlare poi di kitsch che in realtà è l’evoluzione dello stesso trash

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Il kitsch: un bello tanto perfetto che non sembra nato da mano umana. Prodotti industriali in cui viene mercificato l’oggetto e le figure si fanno levigate e perfette, stereotipate nella bellezza.
È una nuova Pop Art dove lo sviluppo tecnologico segue nuovi modelli ed equilibri, calzante la dichiarazione di Bruno Zevi: “Il kitsch è il linguaggio del nostro tempo. In un mondo in cui è la realtà stessa a dominare, nella sua immediatezza, eccentricità e diversità, il kitsch riesce ad esprimere questa ricchezza meglio di ogni altra tendenza.”
Nei ricordi dei nostri viaggi, il “pensierino” da portare a casa popolerà ancora per decenni le polverose mensole e gli angoli dei ricordi dei viaggi compiuti, il kitsch si fa arte ora ma quando è l’arte a farsi kitsch?
Il 27 marzo al Maxxi di Roma inaugura “Local Icons-Greetings from Rome” curata da Giulio Cappellini e Domitilla Dardi dove nove designer sono gli autori di 16 oggetti simbolo della “romanità” in cui il tema del souvenir punta sull’estetica per poterlo fissare nella mente attraverso una simbologia legata al luogo o ad un monumento per poterlo poi portarlo a casa poi riprodotto in miniatura.

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Un gusto che si era già affacciato nell’arte a partire da Marcel Duchamp con la provocazione delle bottiglie contenenti il ricordo dell’aria di Parigi e riprese ed affinate nelle opere kitsch di Jeff Koons dagli anni Novanta in poi, quando inscena i suoi amplessi con la ex moglie Ilona Staller o realizza oggetti di grandi dimensioni.
Di “cattivo gusto” le scelte dei nani da giardino di Philippe Starck e le provocazioni di Damien Hirst o le foto al limite del pornografico del popolo tutt’altro che timido degli ultimi anni di Terry Richardson.

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Kitsch sono ora le tematiche dei tanti reality show, il trash del dilettante, una evoluzione del kitsch di puro esibizionismo.
Forse siamo di fronte ad una nuova consapevolezza di “spazzatura contemporanea” inestricabile dalla nostra cultura, dove il “rifiuto” è ora anche la nuova forma d’arte.
Nascono ogni giorno nuove icone che dettano moda e pensiero e diventano le nuove stars e muse degli artisti, un esempio fra tutti? L’ereditiera Paris Hilton famosa per non sapere fare niente e saperlo fare bene, “famosa per essere famosa” come è stata definita.
Diventata l’ispiratrice di opere come Paris Hilton Autopsy (2007), scultura di Daniel Edwards o ritratta attraverso un collage di riviste porno dall’artista Jonathan Yeo (2008).
È un’operazione che ha più un sapore pubblicitario che artistico, un merchandising del trash insomma.
Anche il brutto (reso perfetto) diventa mercato e si fa arte se dignitosamente sostenuto.

JONATHAN YEO, Paris, 2008 (collage)