Ruoli sottostimati e sottopagati, professioni che non servono a nulla e che non portano introiti interessanti, concretezze impalpabili ed effimere, lavori visti solo come passatempi e hobby riempitivi di ore libere, accentramenti che arrivano solo in mano ai pochi noti che sanno dare e fare spettacolo più che fare e dare soddisfazioni ai ruoli culturali, questo è il mondo artistico e culturale. Non è una domanda, è un’affermazione…

Come si può arrivare ad accettare e a capacitarsi che nonostante tutto le cose vanno avanti senza l’interesse di istituzioni, mecenati (ora si chiamano sponsor), figure professionali formate perché capaci e spazi adeguati? Stanchi di sentire sempre che siamo il paese che ha dato i natali ai grandi del passato che tutto il mondo ci invidia, che la nostra arte ha riempito i musei e le collezioni di tutto il mondo, che siamo un popolo di santi, navigatori e poeti, che non ci si ferma mai e che pulluliamo di bellezza in ogni angolo… ma basta!

Basta a queste parole fumose e alla gloria del passato, il presente è qui, ora e il futuro non ci sarà di certo se si continua coi tormentoni di “c’era una volta…”, il tempo passato ha gettato le basi di una solidità culturale unica al mondo, ma il tetto perde e fa acqua da tutte le parti e poco manca che andrà ad intaccare anche la struttura intera che si è sostenuta per secoli.

La verità? Nonostante si decanti e ci si faccia forza è solo una: abbiamo fallito culturalmente come popolo, i giganti hanno piedi d’argilla e non riusciranno a sostenere un peso troppo importante perché non si creino presto o tardi danni irreparabili.

Siamo pieni di tutto: di artisti, di poeti, di abbondanza culturale e, forti di ciò, si pensa di essere invincibili, ma la forza non sta nella prestanza, ma nelle azioni che accompagnano con strategia e cura la conservazione di un popolo, pronto ad affrontare un presente solido.

Vergognoso che interi siti si sostengano grazie al passaparola e al lavoro compiuto dai volontari, ignobile continuare ad arrangiarsi con le sole forze per sostenere artisti e sedi, svilente dover cambiare mestiere solo perché non si è utili alla società che ha bisogno di un altro numero da piazzare in mezzo al sistema.

A cosa servono i professionisti del settore se poi il settore non c’è? Cosa se ne farà mai un call center di uno storico e critico d’arte (per esempio) o di un artista un’azienda farmaceutica o di uno scrittore una catena di mobili? Vivere è necessario, sopravvivere agli eventi è umiliante.

“È solo momentaneo; per ora faccio questo poi chissà; non preoccuparti vedrai vedrai; sei giovane hai tutta la vita davanti” sono frasi che presto verranno sostituite da: “dovevi pensarci prima; ormai sono qua e fuori non c’è niente, mi adatto dai; alla tua età? Ma dove vuoi andare?; pensa al futuro!”

Il guaio è che si è pensato davvero al futuro dopo aver avuto porte chiuse in faccia, specializzazioni che servono a poco o a nessuno, esperienza sul campo e CV infiniti, ma per chi? Per cosa?

Ci si reinventa, si prosegue, siamo italiani perbacco! Non siamo forse il popolo di santi (anche se imprechiamo), di poeti (anche se si recita ogni giorno una parte) e di navigatori (abituati a sguazzare per restare a galla)?

Spendere tempo e risorse per non dare libero sfogo all’uomo con le sue passioni provoca danni irreparabili: un popolo senza cultura, senza adeguate strutture, senza una scuola, senza teatri, cinema, spazi artistici NON È UN POPOLO, ma un’accozzaglia di gente e di massa che lotta per sopravvivere ogni giorno.

Quando il peso delle tasse, dei conti da pagare, degli oneri che sminuiscono ogni partenza hanno la meglio, la paura di non farcela e di non essere adeguatamente conforme a tutti ha la meglio e allora si abbandonano le strade precedentemente tracciate.

Cosa importa che non si possa andare al museo quando ho l’ultima rata del telefono da pagare (sennò son tagliato fuori…) o la rata del mutuo che devo allungare?

Perché dovrei studiare e seguire una passione che non porta a niente? È necessario dedicarsi a studi umanistici o spendere anni di praticantato senza concludere nulla? Meglio uno sterile ufficio oggi che un sogno infranto domani…

Alla scuola basta preparare insipidi studenti che imparino nozioni senza curiosità, alle istituzioni basta raggiungere il potere, serve creare spazi nuovi per nuove gara d’appalto, magari compiacendo l’amico di turno, basta fare una mostra strappabiglietto e un evento cool con qualche personaggio famoso, cena di gala e aperitivo al pubblico e si placa la “sete” di cultura.

Il resto? Quale resto? Non ce n’è già abbastanza? No! Il resto è fatto di persone che vogliono crescere, esprimersi, essere pagate per il lavoro svolto, continuare ad appassionarsi ogni giorno per la scelta compiuta e non viverla come una condanna o uno sbaglio.

Finché si considera l’arte un hobby, un artista uno che ha sbagliato strada e la bellezza un superfluo al quale si può rinunciare e a fare a meno il tetto continuerà a squarciarsi e le infiltrazioni diventeranno voragini alle quali non sarà possibile più sottrarsi e la tempesta prima o poi spazzerà tutto, solo allora ci si accorgerà dei gravi errori compiuti.

Ma la domanda allora sarà: si poteva evitare tutto questo? Proteste che si sono affievolite in quanto diventate troppo silenziose per farsi sentire finiranno per uccidere e creare danni mai più recuperabili, ma la paura resta e si diventa poveri con uno stipendio, schiavi con una casa, perdenti con un’istruzione.