Pubblicato il 14 luglio 2015 in http://vecchiatoart.blogspot.it
Con la pubblicità non si scherza! Il linguaggio pubblicitario è complesso, difficile e spesso come un fulmine arriva e colpisce ma poi, frequentemente, si scorda.
Non sempre si trova il messaggio giusto per colpire l’immaginario dello spettatore, molto spesso ci sono pubblicità che si dimenticano, altre di cui si rammenta solo lo spot o il manifesto ma non cosa reclamizza (ed è un guaio per il prodotto), in altri casi è solo la merce che parla e non ha bisogno di pubblicità.
Ma cosa accade quando si deve mescolare arte e pubblicità?
Gli esempi nel corpo dell’ultimo secolo, dove si assiste ad un vero e proprio sviluppo della comunicazione, del design e del marketing, hanno lasciato alle spalle molteplici artisti prestati alla pubblicità e viceversa, pubblicità che sono diventate forme d’arte. Da René Magritte, nato come pubblicitario e poi ricordato come artista, a Fernando Depero, per arrivare poi allo scoppio globale della Pop Art che fa suo il linguaggio della “propaganda di mercato“, ricordiamo poi lo sporadico esempio di Salvador Dalì prestato al marketing, ma i casi si susseguono fino ad arrivare ai contemporanei Takashi Murakami, Terry Richardson, Damien Hirst e non per ultimo Maurizio Cattelan.
Il provocatorio artista padovano, ma di respiro internazionale, ritorna a commettere il “delitto” sul suolo natio e proprio in Italia si assiste ad una grande operazione che ha il sapore di marketing da un lato e di burla dall’altro, risultato? Arte a cielo aperto.
Fino al 30 settembre, cioè per tutto il periodo estivo, la città di Rimini sarà invasa da circa mille manifesti che tappezzeranno le vie e gli sguardi dei cittadini e dei turisti, l’operazione chiamata “Saluti da Rimini” ricorda le affettuose e rassicuranti cartoline, al limite del kitsch, che tanto successo hanno avuto nel corso dei decenni: un semplice ricordo e un’istantanea spedita dalle coste romagnole in giro per il mondo con le bellezze locali in primo piano, passando dal mare e paesaggi a scherzosi sederi al vento di procaci fanciulle.
Una cartolina nascondeva cosi l’identità romagnola accanto alla frase “Saluti da Rimini“, ma non vela, anzi svela, identità burlesche dell’immaginario italiano cosi come appare nei ricordi nazional popolari e esteri: il bagnino latin lover che ci prova con le tedesche in vacanza, i piatti di pasta, le muliebri e floride bellezze locali… e il “Saluti da Rimini” a ricordare, “Ciao io sono qui e mi diverto!“.
Tutta una serie di immagini che sono passate dagli anni Sessanta in poi attraverso film innocenti come “Abbronzatissimi“, “Rimini Rimini“, “I vitelloni, “Fantozzi – Il Ritorno” fino alla poesia sognate di Federico Fellini con “Amarcord” che sono entrati di prepotenza nelle menti e nei cuori degli italiani a ricordare un boom economico che coinvolse l’intero Paese, quasi a celebrare (in tempi non sospetti) come si “stava meglio quando si stava peggio“.
Senza la globalizzazione, i social network, Facebook, Instangram, smartphone vari la comunicazione avveniva in modo diverso e più spontaneo, casereccio. Con le famiglie sulla Riviera romagnola a spasso “tutti insieme appassionatamente“, con le insalate di pasta o di riso portate da casa e pranzi da condividere con i vicini d’ombrellone, buche immense da scavare e castelli di sabbia costruiti dai bambini, qualche occhiata alle disinibite turiste e il jukebox che suona la hit del momento, un “sapore di sale” che sa tanto di nostalgia e malinconico passato vissuto.
Un insieme di vizi e delle virtù della Romagna, seducente nell’ammiccare alla sensualità, al cibo, ai bagni al mare, alle spiagge, ai “vitelloni” del passato tra balere e lambrusco.
Maurizio Cattelan e il fotografo Pierpaolo Ferrari, nel “progetto per la città” (curato da Maria Cristina Didero), hanno realizzato una vera campagna pubblicitaria ironica, irriverente e dal sapore vintage, con una serie di cartelloni di sei metri per tre disseminati lungo la città, ecco allora i manifesti che raffigurano:
• un uomo in costume con il pene visibilmente in erezione, al quale è fissata una pietra quasi a simboleggiare una potente virilità, il simbolo di un macho latino delle coste romagnole;
• un uomo in giacca e cravatta gialli, seduto su un divano giallo e sommerso, sempre in tinta, da un mare di spaghetti col sugo al pomodoro;
• una donna, stile anni Cinquanta, sognante di fronte a un ambiguo liquido che arriva non si sa da quale fonte (vino bianco, birra, spuma, qualcos’altro?);
• una sfilata di salamelle disposte come sbarre di una cella da cui evadere;
• il sedere bene in vista (di donna, di uomo depilato?) ricoperto di dentifricio tricolore;
• una donna in pareo con la pelle bruciata dal sole accostata a un’aragosta;
• una vecchia Bmw gialla, tipica del turista tedesco anni Settanta, ricoperta di lattine di birra;
• una contemporanea Estasi di Santa Teresa , incarnata da una ragazza posseduta dal piacere e appagata da una montagna di patatine fritte.
Lo stesso Maurizio Cattelan spiega la scelta delle immagini: “Rimini è una di quelle città che ognuno porta con sé. E poi, Fellini ce l’ha fatta un po’ sognare, ce l’ha dipinta in modo fantastico e surreale. Vi ricordate le scene del Grand Hotel, i cammelli, le donnine velate, gli amori consumati o sognati in quelle stanze? Ma oggi gli scenari di quel fantastico mito non esistono più. Il boom è finito. E Rimini deve reinventarsi“.
E giustamente prosegue la sua disquisizione dicendo: “Che tipo di reazione mi aspetto? Non so, cosa possono dire… ci sono quattro salsicce, qualche lattina di birra, al massimo un sedere, ma quanti ne vedi in spiaggia? Francamente non credo che ci saranno polemiche. Certamente io non lavoro mai pensando a questo. Se ci dev’essere qualcosa, spero sia un dibattito civile, costruttivo, sul senso del fare, non polemiche sterili.
Vorrei che ci fosse qualcuno che dice: guarda cosa sta facendo questo e allora facciamo anche noi qualcosa di nostro per la nostra città. (…) È una città che ha deciso di raccontarsi, dopo tanti film e libri, anche su un formato insolito. Non è una pubblicità, è il racconto di una storia. Poi, va ricordato, non è un mio lavoro solitario: è un lavoro di team. E come in tutti i lavori di squadra può venir fuori una maialata o una cosa simpatica“.
Città di vita e da vivere, ecco il messaggio lanciato dal duo Cattelan-Ferrari, fatto di ricordi e di scherni, di locali “amarcord“, ricordi, e di seducenti ammiccamenti allo spettatore a cui, dallo sguardo languido e affascinante, non ci rimane che dire a chi guarda a e alla città stessa, fellinianamente, “Gradisca!”.