Pubblicato il 11 marzo 2016 in http://vecchiatoart.blogspot.it

Con troppa facilità si arriva a decretare l’arte come arte figurativa e arte astratta di fronte ad opere che sono di dubbia interpretazione.
Quando non trovano assonanze con il metro di paragone della realtà allora si definisce “astratta” quell’arte che non si sa riconoscere e un quadro appare sotto la dicitura di “astratto” quando non è riconducibile a forme desunte dalla realtà.
Sbagliato! Non esiste l’arte astratta, tutto parte da una forma reale e concreta e solo perché non si è capaci di ricondurla ad una forma reale allora la si circoscrive, appunto, come astratta, cioè incompressibile.Se un bambino che ha appena cominciato ad abbozzare forme e usare i colori ci regala un disegno dove rappresenta una sorta di triangolo sbilenco colorato di blu con saette viola e ce lo consegna orgoglioso dicendo “Toh, questo è il sole con te che lo guardi!” che fate? Dite che il disegno è astratto? Incomprensibile? Non in linea con le cose che siamo abituati a vedere tutti i giorni? Eppure il bambino ci dice che quel triangolo sbilenco blu saettato di viola siamo noi e il sole: ha dato la sua interpretazione del mondo reale.
Nulla di sbagliato, nulla che non sia vero infatti… è partito da una formulazione emozionale visiva e l’ha reinterpretata, quindi quei segni sul foglio siamo noi e il sole. Il mondo astratto è solo una nostra concezione e proiezione mentale, non è assolutamente insensato quello che ci è stato proposto.
Anche Wassily Kandinskij partiva da una formulazione reale per ottenere un insieme di linee e colori che hanno fatto gridare al miracolo dell’Astrattismo, ma con la giusta chiave di lettura anche i disegni del maestro russo sono riconducibili ad un’esperienza reale.
L’unico esempio di pittura astratta ci viene offerto proprio da Kandinskij quando parla del suo unico e “Primo acquerello astratto” del 1910 e di un’esperienza che ha il sapore dell’aneddoto creato ad hoc per i posteri: il ritorno a casa dell’artista un poco brillo a causa dei fumi dell’alcool, una volta varcata la soglia non riconosce un suo quadro in quanto poggiato a terra e capovolto, tanto da non decodificare le forme e confonderne i significati. Quindi la forma astratta è un non riconoscimento della realtà o il punto di partenza è proprio la realtà di fondo? A quanto pare entrambe le cose… che ne sarebbe della risposta effettiva se il nostro artista non avesse amato l’alcool per quella sera e condotto la via della ricerca poi verso la formulazione di un percorso che ancora oggi ha seguaci e dibattiti in atto? In vino veritas quindi e “libiamo ne’ i lieti calici”!
Nel 1948 il dibattito che apre la XXIV Biennale d’Arte Internazionale di Venezia si svolge tra coloro che sostengono il Realismo e chi invece inneggia all’Astrattismo.
Quindi, da una parte gli artisti che rappresentano la realtà, dall’altra chi la nega per esaltare le proprie emozioni attraverso linee, forme e colori.
Nel corso degli anni poi si assiste sempre ad un ritorno tra mondo astratto e mondo realista, spesso specchio dei tempi: quando ci sono periodi storici ed economici traballanti si cerca la concretezza e il ritorno al reale, quando invece ci sono momenti di crisi allora la ricerca punta verso l’immateriale, lo spirituale e, appunto, l’astratto.
Allora che significa? Che quando ci sono artisti che utilizzano l’Iperrealismo si sta malissimo e quando si usa il Concettuale che più Concettuale non si può si sta benissimo?
Come dire, vacche magre e vacche grasse? A volte coincidono i periodi: va malissimo o va benissimo o semplicemente, va!
Alcuni esempi italiani dell’una o dell’altra corrente si ritrovano negli artisti presenti con i loro lavori che, senza contare su scuole, divisioni o situazioni di polemica critica seguono un percorso che è tipico della velocità di questi anni e di cambiamento.
Se si pensa, ad esempio, al boom di vendite della serie di libri di Sophie KinsellaI love shopping”, storie di una spenditrice compulsiva che ha spopolato nel primo decennio del 2000 per poi crollare e infastidire le masse, con tanto di film tratto dalla serie, in un momento in cui la crisi economica mondiale e i piccoli risparmiatori hanno visto crollare le loro sicurezze, il personaggio di Rebecca Bloomwood (Becky) appare come stridente e addirittura irresponsabile nonché fastidioso.
Tutto cambia con la velocità di un click o di un bit, nell’era dei social network una notizia pubblicata appare già vecchia al comparire di un nuovo evento.
Così avviene in un momento in cui si passa ad un’arte astratta e concettuale che cozza e si ritrova a decretare la vittoria dell’arte realista per poi capovolgere la situazione e porgere la corona della vittoria all’astrattismo, che dire? Un bel casino e? Stessa medaglia, due facce.
Negli anni Sessanta convivevano maggiorate e donne grissino: Marilyn Monroe e Audrey Hepburn, eppure entrambi miti e donne amate.
Così per l’arte tra realismo e astrattismo in anni in cui trovano spazio i lavori di Cinzia Pellin, Ron Mueck, Chuck Close così come Raffaele Rossi, Angelo Bordiga, Ttozoi convivono con maestri emozionali quali Mark Rothko, Arshile Gorky, Cy Twombly.
L’arte contemporanea può sembrare un calderone nel quale ottengono visibilità tutti coloro che hanno da dire o dare qualcosa. Chi preferisce l’uno o l’altro chi ci trova una pacifica convivenza, come scegliere? Il tartufo d’Alba sul risotto è fantastico ma non da meno lo è un Big Mc di Mc Donald’s, entrambi convivono sul mercato ed entrambi sfamano, dipende da cosa si ricerca, dipende dalla fame.