Pubblicato il 24 luglio 2015 in http://vecchiatoart.blogspot.it
A Luca Giappichini,
perché saper parlare di arte è usare le parole come pennellate sulla tela
Che significa “parlare di Arte“? ogni volta che ci si appresta ad affrontare l’argomento le strade da intraprendere sono molteplici, spesso infinite, i pretesti inesauribili.
Si è scritto di tutto e di più, a volte anche in maniera discutibile, saggi e testi corredati di mostre dai titoli improbabili e improponibili che possono davvero essere passati sul mercato: “In Vino Veritas. Storia dell’ombra”, “Il giallo nell’arte: omicidi artistici, capire ciò che si vede”, “Coppie e coppe. Asso pigliatutto”, “Braccia rubate all’agricoltura: Storia della motozappa dalle origini ad oggi”, “Tira più un pelo…che un carro di buoi!”, “Parti anatomiche ad hoc“, solo per liberare la fantasia…
Dunque, per voler ridimensionare l’uomo e restare in tema “corporeo” si sappia che non c’è parte anatomica che non è stata adeguatamente sezionata e messa in mostra, anzi, lo stesso corpo umano è stato sezionato e messo in mostra con le opere di Gunther von Hagens e l’utilizzo dei suoi corpi morti riadattati ad opere d’arte.
Mostre, film e opere sulla bocca, sulle mani, sui seni, sui peni, sui piedi, sul culo! Nessun pezzo è stato escluso: dalla bocca di Mae West di Salvador Dalì, alle mani di Rudolf Bonvie, al feticismo dei piedi nei film di Quentin Tarantino, ai peni e vagine di Jamie McCartney.
Forzature e stridori (di denti) pure quando si mettono in scena contatti e tematiche con titoloni (inventanti) come da “Giotto a William Kentridge“, “Emozioni: dalla preistoria a Ai Weiwei“, “Il Male“, “Il Bene“, “Il Dolore” e poi tutta la serie di moda su: Impressionismo, Romanticismo, Decandentismo, Pop Art.
E non possiamo dimenticare tutta la parte dedicata ad Arte &… Arte & Moda, Arte & Fumetti, Arte & Cinema, Arte & Cibo.
Insomma per parlare di Arte temi, tempi e tematiche si sprecano, spesso però non si ottiene quel risultato che si spera: manca sempre qualcuno o qualcosa, l’artista di turno si lamenterà di non essere stato chiamato, altri polemizzeranno per le opere scelte ed esposte, nei testi scritti date e nomi non vanno bene, Tizio citato più volte di Caio, Caio che si lamenta del fatto che “io avrei fatto cosi…”
Invidia, rabbia, frustrazione, rivalità, delusione, critica, cattiveria pura, supponenza si accompagnano anche a complimenti, gioia, rispetto, successo, generosità, collaborazione e anche una bella dose di fortuna che non guasta mai.
Soddisfare tutto e tutti NON È POSSIBILE! Si cerca di accontentare capra e cavoli e la miglior cosa da fare è chiamare in causa Dante: ” non ragioniam di lor, ma guarda e passa“.
Stillato di seguito un piccolo vademecum per compiacere tutti e “ascoltare” le opere, gli artisti, i libri, le manifestazioni, le mostre (siano esse in gallerie private o civiche, musei, esposizioni temporanee o permanenti):
• Mai fare voli pindarici, imparare a non lasciarvi trasportare solo dall’emozione e dalla moda del momento. Se un artista vi piace bene, se un’opera è brutta, è brutta! Punto;
• Mai pretendere di avere l’esclusiva davanti all’opera, lo spazio ci sta per tutti, non siate egoisti nel dare e nel vedere;
• Mai attaccarsi (nel senso di “assalire” e di “appiccicare”), parte I: all’artista per “dire la tua” (a meno che non sia condivisa e valida e voluta, nessuno ti interpella e la visibilità a che ti serve?);
• Mai attaccarsi, parte II: alle istituzioni per polemizzare con la politica o la gestione di qualsivoglia aspetto della città (il nuovo parcheggio, l’immigrazione, lo scandaletto locale) o per proporre un progetto o un’idea: non sono il luoghi e i momenti adatti;
• Mai attaccarsi, parte III: al curatore, gallerista, direttore del museo, coordinatore per proporre i propri lavori ed idee. Meglio un contatto sincero che un’invasione inappropriata;
• Non occorre urlare e decantare o disprezzare (o deprezzare) un’opera per passare come un intenditore o un tipo originale: si rischia di sfilare come dei semplici stronzi Bastian contrario del caso, quando non è il caso di parlare a caso, né per puro caso;
• “Bellissimo” e “Bruttissimo” sono due termini che NON esistono in arte: nulla è bellissimo, nulla è bruttissimo. Ciò che piace a voi non necessariamente piace ad altri.
• Idem per “Impossibile” e “Facilissimo“: nulla è “Impossibile”, nulla è “Facilissimo”, valido per un testo, per un artista, per una mostra, per un dialogo;
• Ascoltare anche chi ha un altro punto di vista rispetto al vostro: storico, critico, comparativo, filosofico, umanistico, emozionale anche da chi è assente e non pervenuto;
• Mai criticare per partito preso o per sentito dire da giornali, tv, esperti, amici, amici di amici. Imparate ad essere autocritici e a capire cosa e perché ci si presenta davanti;
• Spegnete i telefoni (non le menti), è un rispetto per gli altri, per chi lo ha fatto e per chi vi chiede un momento di attenzione: nessuna catastrofe o esigenza impellente arriverà in quel poco di tempo che “rubate” alla cultura;
• Alle conferenze o presentazioni, mai fare parlare la bocca prima che si sia consultata col cervello (questo dovrebbe essere valido sempre…), rischiate di fare i presenzialisti che si mettono in mostra senza farvi capire da chi vi sta ascoltando. La cosa più brutta che vi si possa ribattere?: “Scusi…ma non ho capito la domanda. Quindi?!”
• Il buffet, catering, bookshop non sono i motivi principali per i quali siamo capitati;
• Gadget e catalogo, locandine e cartoline sono suppellettili spesso inutili e scordate poi in qualche cassetto o scaffale, se non per puro interesse lasciateli a chi davvero li vuole;
Tedioso e lungo elenco del SI FA e NON SI FA? Forse sì, ma a volte un ripasso delle regole o un semplice punto di vista può essere ironico, cinico, pesante, divertente secondo come lo si legge.
Un ultimo consiglio in chiusura finale: fate Arte, comunicate (ad) arte, parlate di Arte ma parlatene con arte.