Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola,
a mezzogiorno.
…
Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per non sentire.
…
Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra
(Gianni Rodari)
Sembra così lontano il conflitto siriano, lontano perché vissuto comodamente a casa dalla poltrona del salotto di, davanti alla tv che fornisce immagini polverose sotto un sole cocente da cui spiccano urla, pianti e deflagrazioni di spari e bombe: è la guerra, fuori dai nostri schemi e dai nostri occhi, eppure così vicino, al di là del mare che separa il mondo occidentale da un popolo che ci invade ogni giorno con i suoi dolori e la sua presenza.
Uno scontro che prosegue dal 15 marzo 2011 e che ancora non trova la parola “pace”, una forma utopistica che sembra sempre più distante dal realizzarsi, ma la guerra diventa non solo atto di ribellione e violenza, diventa anche business per chi ci vive con le armi, arricchita dall’attenzione mediatica e con l’umanità inerte che guarda e passa.
In una guerra si indica sempre il nemico, si cerca di individuare i buoni dai cattivi, ma l’odio non dà scusanti e non crea distinzioni, esige sacrifici fatti di dolore, di lutti e di sangue versato.
Le parole frenate non indicano la strada e non mettono l’accento sugli accadimenti, le immagini non svelate si situano al servizio della codardia e dell’omertà, ma la guerra c’è, esiste e continua, anche se si fa finta di non sentire e di non vedere, comodamente seduti sulla poltrona di casa a guardare l’ennesimo reality show perché tutto ciò è tangibile e la realtà supera la fantasia.
L’arte diventa, con la performance di Marco Chiurato, uno strumento di attenzione emozionale, un mezzo di denuncia forse per l’ennesimo Natale alle porte, una festività religiosa cattolica cristiana che è simbolo di pace e armonia tra i popoli, ma di cui si dimentica la grande valenza a favore invece di un becero consumismo fatto di colori e luci e melense canzoni che ottenebrano le menti.
È Natale, pace tra i cuori e gli uomini di buona volontà, è Natale anche in Siria, dove risuona l’eco degli spari al posto dei campanelli e delle canzoncine, dove il rosso è il colore del sangue e non dei pacchi sotto l’albero, dove il bianco è quello della polvere di edifici crollati e non delle spumose decorazioni nei negozi e dove l’argento è quello delle bombe e non quello dei nastri che addobbano i regali.
Le bombe di vetro realizzate da Pietro Viero e usate da Marco Chiurato, perdono la loro forza minacciosa, si fanno delicate, enormi palle natalizie da appendere all’albero per decorarlo, vuote e trasparenti bugie create dall’umanità per ingannare l’uomo e portare la morte, le bombe esplodono e uccidono e ora? Ora invece sono fragili e trasparenti, vuote, ingannevoli presenze di un’anima da colmare e richiedono un tributo fatto di sacrificio, vogliono sangue, diventano enormi ampolle in cui è compiuto un salasso per mezzo di una trasfusione del “sangue d’artista” che passa direttamente a riempire di vita questi strumenti di morte.
L’artiglieria si fa davvero pesante, si riempie preventivamente di quel sangue che sarà poi portato in trionfo come simbolo indelebile di un dolore, di una guerra.
Sacche di vita farcite e plasmate dall’odio che si nutre di innocenti, indiscriminatamente, senza badare a giovani vite perdute, a bambini sacrificati, ad adulti impotenti, il sangue si riversa all’interno della bomba trasparente che si manifesta nella sua inutile rabbia di morte e si fa sofferenza.
Nonostante tutto è comunque Natale, è Natale anche in Siria.
Le opere sono ora esposte presso la Chiesa Mure di Molvena, Vicenza per il periodo delle festività natalizia.