Pubblicato il 08 aprile 2016 in http://vecchiatoart.blogspot.it
Apre a Milano l’edizione numero ventuno di Miart dall’8 al 10 aprile, appuntamento annuale con la fiera che per questa edizione vede presenti 154 gallerie provenienti da 16 paesi: Francia, Gran Bretagna, Corea, Stati Uniti, Giappone, Uruguay, Austria.
Cosa ci si aspetta da una fiera dell’arte? Ci si aspetta tutto e niente, come frequentemente accade, così per ogni evento. Quello che viene comunicato a livello mediatico non corrisponde molto spesso a quello che in realtà si sviluppa poi a livello visivo: le cose si fanno ripetitive e dal sapore del “già visto”, artisti storicizzati si affiancano a nuove leve e non sempre la vicinanza dell’uno o dell’altro porta all’effetto desiderato. Si rischia di sminuire o sopravvalutare ora l’uno, ora l’altro e non è proprio quello che si desidera, in effetti se ne esce sconfitti e bastonati come espositori e come artisti.
Non significa necessariamente che ad ogni fiera, esposizione o evento d’arte scatti la novità e si gridi al miracolo, anzi! È più facile che accada il contrario e che ci si ritrovi a parlare e vedere cose che, per paura o poca intenzione, risultino poi superate e poco coraggiose. È un rischio fare arte, è un rischio ogni volta che ci si mette in gioco e si prova a guardare oltre i pochi metri quadrati di stand per dare l’avvio ad un modo nuovo e temerario di discutere di arte e di artisti.
È semplice quindi attirare il pubblico usando come specchietto per le allodole artisti e opere che sono sicuramente di richiamo e di facile comprensione, si copiano come ricalcate su carta carbone le gallerie che espongono i classici come Giorgio de Chirico, Ernesto Treccani, Mario Schifano, Andy Warhol, Giò Pomodoro e tanti altri si disseminano nei vari spazi, sono la sicurezza di poter attrarre le persone che passano che esclamano e si fermano: “Oh guarda! È un de Chirico!” così si attrae il potenziale collezionista e cliente e lo si costringe a fermarsi e vedere anche altro, operazione di marketing obsoleta e superata? Beh non proprio visto che ancora ci si ferma, ad esempio, tra le bancarelle al mercato quando si vede l’accalcarsi di gente davanti si pensa che lì davanti ci sia una qualche vantaggiosa opportunità da vedere e scoprire… Logica di mercato e offerta rivolta al pubblico vanno di pari passo.
Chi si ferma e riconosce un artista tra i tanti si sente in dovere di dirlo a voce alta agli altri per dimostrare sia la propria competenza che far vedere che lui di arte-ne-capisce-qualcosa. Magari sono poi le stesse persone che alla “fine della fiera” (nel senso letterale del termine…) commentano; “anche quest’anno la solita gente, le solite cose, i soliti artisti…” magari scordando che dietro i “soliti noti” ci sono le novità (a volte non eclatanti) fatte con il gusto per la ricerca, la curiosità, la voglia di imparare e di mettersi in gioco, di sperimentare percorsi nuovi.
Allora succede che, visto che “le nuove proposte” non sono supportate o capite abbastanza, si passa alle frasi liquidatorie del tipo: “giovani tutti uguali senza nulla da dire in particolare”, “cose scontate e già viste”, “riciclano sempre gli stessi stili e modi di pensare”.
Indubbiamente però la frase preferita che si ritrova alla fine di ogni esposizione rimane la seguente: “Non ho capito nulla e non ho visto nessuna cosa nuova!”.
Ovviamente frase usata per chiudere in fretta un discorso che trova la maggior parte delle persone impreparate o ancora poco pronte per capire e fagocitare un’arte nuova, reale e vicina ad un mondo contemporaneo di cui non si conoscono gli sviluppi e i percorsi futuri.
Perché? Perché la sicurezza che dà il passato con il quale vezzeggiarsi e coccolarsi è sempre diversa da un futuro ambiguo che può essere ricco di soddisfazioni ma lastricato di perplessità e dubbi.
Quindi meglio affidarsi alle certezze che alle incognite di un domani che spaventa e che non risulta appetibile, meglio un uovo oggi o una gallina domani?
Vedere le gallerie che sono il risultato di un copia-incolla le une delle altre con gli stessi autori posizionati in maniera differente, quasi fotocopie una dietro l’altra, nasconde in fondo la voglia di certezza nell’offrire al pubblico i loro prodotti e dall’altro la commistione di ricerca e innovazione che, purtroppo, molto spesso manca in questo contesto.
Fare arte non è facile, così come parlare di arte e diffonderla, comunicare l’arte però non è un’impresa impossibile ma una sfida quotidiana e, aggiungo, proiezione del futuro.
Quindi? Godiamoci le fiere, i Miart, le esposizioni e soprattutto l’Arte, responsabile di molti pensieri e molte disquisizioni.