Pubblicato il 03 giugno 2016 in http://vecchiatoart.blogspot.it

Chi si batte con la merda si lorda sia che vinca, sia che perda
(Proverbio popolare)

Nell’arte spesso ci si trova davanti ad opere di pura inconsistenza, fatte di nulla, senza capo né coda, senza un significato logico o un sistema estetico che possa soddisfare la visione.
Nulla. Quindi se un’opera d’arte non provoca nessun tipo di emozione, che sia di disgusto o piacere ma pur sempre emozione, a che cosa siamo di fronte? Al nulla, appunto.
Indecifrabili segni, spruzzate di colore, colate di materia, non sono da annoverare sotto la nomea di “opera d’arte” se non accompagnate da un significato leggibile o descrivibile.
Si scade nel “già visto” e nel ridicolo quando ci si trova di fronte, come dire, “pannelli di fuffa” dove sono stati spremuti tubetti di colore, incollati oggetti in disuso dal dubbio gusto, scarabocchi senza arte né parte, segni con matite, carboncini o strisciate di pennello senza che ci sia un perché, come se non ci fosse un domani… Eh…ma il domani c’è, il domani arriva, quando si presenta l’opera al pubblico, quando ci si svela, quando si chiede poi un parere.
Ok, la creatività.
Ok, l’inventiva.
Ok, l’espressione interiore ma un poco di senso critico e di amor proprio ci deve essere altrimenti si passa a trovarsi ridicolizzati davanti agli occhi della massa con un’esperienza tutt’altro che piacevole.
Riempire i muri, le tele, le teche o le pagine di uno scritto di pura inconsistenza è facile, si arriva a lordare uno spazio messo a disposizione da tutti: è il potere dell’espressione, con conseguenze poi che non possono lasciare tempo se non a commenti negativi o positivi a seconda del risultato.
Molti non accettano il giudizio, nessun tipo di giudizio, quando ci si espone si deve essere pronti a farsi carico di una facciata che non protegge più.

Perderci gli occhi, Severino del Bono
Perderci gli occhi, Severino del Bono

Tanti si sentono colpiti e offesi nell’amor proprio e nelle cose che si vengono ad instaurare tra critica e opera il gioco è sottile.
È facile parlare di cose belle e che piacciono, più difficile parlare invece e opinionare, senza offendere.
Ma se si è delicati da un lato, come ci si comporta dall’altro, quando cioè è la parte “offesa” che riceve la critica?
Spesso chi è sondato passa al contrattacco criticando a sua volta e offendendo doti o capacità altrui, nessuno è mai veramente pronto a sentirsi giudicato, si finisce per riempire la bocca di frasi inappropriate e di darsi arie che gonfiano quel poco di stima che è rimasta nell’artista.
Come definire questo atteggiamento fatto da persone che sono piene di sé e che non sentono il bisogno di un confronto in quanto convinti di essere sulla strada giusta?
Conierei un nuovo termine d’arte a tal proposito: dopo le varie scuole di pensiero, le avanguardie storiche, i movimenti dall’Impressionismo, al Cubismo, al Dadaismo, al Surrealismo, al Modernismo, al Minimalismo, al Postmodernismo, direi che siamo di fronte al movimento del “Meteorismo Artistico”.
Infatti, il “Meteorismo Artistico” è simile al meteorismo fisico come lo conosciamo che è causato da un’eccessiva produzione e accumulo di gas nel tratto digestivo che provoca poi flatulenze, un concentrato non certo di profumi e suoni piacevoli prodotti proprio di chi si riempi di inconsistenza e aria.
Per il “Meteorismo Artistico” siamo nella stessa condizione: ci si riempie di inconsistenza e si emettono poi sonore flatulenze!
È buffo notare come il termine di “meteorismo” derivi dal greco meteoros che indica lo “stare in alto, sollevare”, appunto, come succede alla leggerezza del gas, come succede alle persone che si gonfiano e riempiono di sé senza pensare davvero che non c’è nulla sotto la scorza dell’apparenza. Si sentono più in alto rispetto alla massa, gonfi e tronfi che possono solo giudicare ma non essere a loro volta giudicati, palloni gonfiati insomma, uomini che si sentono dei.

Tana libera tutti, Severino del Bono
Tana libera tutti, Severino del Bono

Uomini che si definiscono “artisti” solo perché si sono ritrovati a imbrattare una tela, personaggi vari che sono “scrittori” solo perché riempiono le pagine di un blog o di qualche social network con le loro opinioni opinabili.
Se per ipotesi una persona qualsiasi, amante della buona cucina e capace di giocare coi fornelli, arrivasse a proclamarsi e forgiarsi di titolo di chef solo perché ha saputo combinare più ingredienti insieme o approdare a definirsi il nuovo Cristiano Ronaldo solo perché gioca al calcetto con gli amici il giovedì sera e nessuno lo consideri, non significa che ci si debba calcolare come un “non compreso” e mancata promessa del mondo culinario o calcistico: dirlo a voce alta sarebbe un autogol di presunzione o una spadellata bruciata sul fondo!
Quanti sono gli artisti che si sentono ignorati con la convinzione che le loro idee cambieranno il mondo dell’arte ma proseguono senza ascoltare nessuno convinti di essere nel giusto?
L’autostima e la caparbietà servono ma anche una chiara forma di autocoscienza e analisi fa la sua parte.

Aria di Parigi, Marcel Duchamp
Aria di Parigi, Marcel Duchamp

Quando si è gonfi, quando l’aria riempie il corpo, quando l’ambizione e l’arroganza diventano padrone accantonando l’umiltà e la capacità di ascolto fatta da un altro punto di vista, allora è bene ricordare che lo stesso Friedrich Nietzsche disse: “Non ho mai sentito dire che le flatulenze determinino situazioni filosofiche”, già, nulla di più vero.
Forse un solo artista ha saputo creare “ad arte” e vendere le sue “flatulenze artistiche”: Marcel Duchamp quando ho imbottigliato “L’aria di Parigi”, ampolle riempite d’aria e di puro nulla, solo un genio poteva pensarci all’inizio, riproporlo sa di già visto e scaduto.
Più consistenza e meno arie (in tutti i sensi…), l’aria serve per respirare ed ispirare, ossigenare i polmoni e il cervello non per colmare sacchi vuoti di idee e implodere, altrimenti a forza di riempirsi di “niente” si arriverà poi a scoppiare…