La creazione di un’opera da parte di un artista si concentra in ogni suo passo attraverso una fase emozionale che si esplica poi nella visione finale posta agli occhi dello spettatore.
La creazione è fantasia, è rapporto interiorizzato che trova nei materiali e nelle materie la sua univoca manifestazione, l’oggetto scultoreo diventa un tocco, un segno che si blocca e che si crea, si plasma fino ad essere tangibile e palpabile.
La creazione è quindi la base della scultura e della produzione dell’artista ungherese Tibor Szemenyey-Nagy, è la viva presenza di una sacralità che sfocia nel mondo mistico in cui la vibrazione dei sentimenti e dell’anima arrivano ad un colloquio interiorizzato con il fruitore.
Tibor Szemenyey-Nagy si fa veicolo e portavoce delle sensazioni inserendo nelle sue opere anche elementi naturali quali i fiori come papaveri, grespini dei campi, ibisco cinese, dente di leone e la preistorica “veccia”, che entrano quindi a far parte di un percorso artistico che plasma la natura a favore dell’uomo che in essa si ritrova.
Fiori che hanno reminescenze e significato intrinseco che si ritrovano nei testi sacri simbolo di caducità e brevità della vita che, con la fioritura, si presta bene a esprimere il valore della ricchezza e della bellezza.
Tematiche che si coniugano con la dilatazione del tempo e dello spazio che si animano nelle opere scultoree di Tibor, attento a non concepire con facilità interpretativa un gusto che scada nell’arte sacra, ma nell’arte sacrale, un aspetto ben diverso e molto sentito nell’arte contemporanea, affrontato nella storia dagli artisti che si sono fatti veicolo di una cultura in continua evoluzione.
Dalle pennellate di Mark Rothko, alle composizioni di Piet Mondrian, alle ricerche di Kazimir Malevich, alle pulsioni di Jackson Pollock, la ricerca dell’uomo si sostiene nella percezione non della realtà ma dell’Essere in quanto fonte sacrale e fautore-ricettore nel mondo naturale.
Dalla scultura simbolica-impressionista di Auguste Rodin e Medardo Rosso, in cui i materiali fanno riconoscere la forma primaria, si arrivano concepire pure forme che si ritrovano poi successivamente nelle opere di Hans Arp, Henry Moore e Costantin Brancusi, senza scordare il percorso di Anish Kapoor e Richard Serra dove l’opera si focalizza sulle proprietà di trasformazione dei materiali fino ad arrivare alla creazione di un non-oggetto.
In questo modo le opere di Tibor rientrano a pieno titolo in un percorso che difficilmente trova una sola risposta.
Si segnano nel tempo e col tempo le visioni che elevano lo spirito senza bisogno di dare nessuna classificazione alle cose, così come senza titolo spesso lo sono le sue opere che non sono etichettate nel nome di una semplicità interpretativa, ma che non guida lo spettatore e lascia lo spazio aperto alle vibrazioni di un’anima chiamata in causa.
Wassily Kandinsky nel 1912 nel suo testo “Lo spirituale nell’arte” scrisse: “Quando religione, scienza e moralità sono scosse ed ogni altro sostegno viene meno, l’uomo ritira la sua attenzione dall’esterno e la dirige verso l’interno.
Letteratura, musica e arte, sono le sfere più sensibili in cui questo tipo di rivoluzione inizia a prendere corpo mostrando l’importanza di quanto inizialmente era stato percepito solo da pochi. Ci si allontana quindi dagli aspetti privi di anima di questi giorni e ci rivolge verso quegli aspetti che costituiscono cibo per l’anima”.
L’atto fisico dell’artista nel creare l’opera assume un’importanza corporea unica dove il materiale si proietta nella conformazione e nella trasformazione, un cibo per l’anima stessa.
L’importanza che la corporeità del materiale assume nella creazione di un atto così fisico, è data dal contatto che l’artista proietta nel plasmare, scolpire e trasformare l’elemento primordiale per cui la materia con la quale lavora si tramutata in una vera voce che aspetta solo di uscire ed essere ascoltata.
È un muto dialogo di percezione quello che accade poi, tra mondo onirico e sacrale che si trasportano verso un infinito dialogo tra autore, opera e lo spettatore, testimone attivo dell’atto accaduto.
“Il tocco – Tibor Szemenyey-Nagy ”
a cura di Enrica Feltracco, Massimiliano Sabbion, Lorenzo Berto
PALAZZO FINCO
Via Zaccaria Bricito 32
Bassano del Grappa (VI)
Orari:
Dal 15 ottobre al 20 novembre 2016
dal martedì a venerdì 17-20 / sabato e domenica 9.30-13 e 16-20
Ingresso libero
http://szemenyey-nagy.hu/