Pubblicato il 09 maggio 2017 in http://vecchiatoart.blogspot.it
“E fu così che da un giorno all’altro
bocca di rosa si tirò addosso
l’ira funesta delle cagnette
a cui aveva sottratto l’osso.
Ma le comari di un paesino
non brillano certo d’iniziativa
le contromisure fino al quel punto
si limitavano all’invettiva.”
(Bocca di Rosa – Fabrizio de Andrè)
Il futuro affascina e spaventa, il domani crea aspettative, oggi non va, ma domani sarà diverso.
Dopotutto, domani è un altro giorno.
Nel futuro tutti saremo famosi per 15 minuti.
Di doman non v’è certezza.
Frasi sentite e ripetute nella storia dell’arte, nella letteratura, nel cinema, senza scomodare la fantascienza su che cosa ci si aspetta poi dal domani, il futuro che si crea passo a passo ogni giorno fa indubbiamente paura. Perché?
Perché è la perenne incognita, perché ciò che si progetta non sempre rispetta ciò che ci si era imposti, perché il divenire è, appunto, sempre diverso e cambia e i cambiamenti fanno paura.
Che ne sappiamo di cosa avverrà nel futuro? Si possono far congetture, ipotesi di sorta, ma non è detto che il domani sia come si credeva e allora si finisce per rimpiangere il passato dal quale si voleva fuggire.
Il passato è la chiave di volta per il futuro, se si procede senza aver definito col passato, lasciando punti in sospeso e irrisolti, di sicuro non si arriva da nessuna parte.
Risolvere col passato e scrutare avanti è un mezzo per prendere la rincorsa e non per frenare e guardarsi indietro.
Il futuro poggia quindi poi su basi solide e si proietta oltre le aspettative diventando un mezzo concreto per vivere i propri passi in maniera più sicura.
Un sogno aiuta, ma sognare e basta non è sufficiente, quanto tempo sprecato e inutile è molte volte messo a disposizione delle persone sbagliate, dei progetti inconcludenti e soprattutto quanta rabbia inespressa e mal canalizzata circonda i giorni che si sprecano.
Ci si getta nel domani spesso con troppa incoscienza, senza capire dove si andrà a cadere e, si sa, le cadute spesso fanno poi male, per questo farsi trovare preparati non porta di sicuro dolore o almeno lo attenua.
Lo studio, la curiosità, l’ironia stessa possono forse essere le armi migliori, quando si conosce la materia, nulla spaventa poi, senza corse estreme né filosofie spicciole di auto convincimento che non aiutano, ma creano danni più di quello che si pensa.
Le persone sono strane, spesso ci si adegua alla stranezza, spesso ci si convive, altre volte la si ignora, molte altre la si manda a quel paese, ma allora, perché le persone sono strane?
Perché quando un signor Nessuno dopo aver sacrificato, studiato, creduto nelle proprie capacità e fruttato i talenti dati riesce ad arrivare dove si era proposto poi subito dopo aver tifato e sostenuto il malcapitato lo si insulta e deprezza? È una consuetudine tutta nazional popolare diffusa un po’ ovunque ma, soventemente, tutta italiana a quanto pare.
Nell’arte contemporanea è capitato spesso di sentire urlare al miracolo e al genio di turno che, una volta raggiunto l’apice, poi è preso a sassate con mira infallibile.
Basta leggere qualche titolo di recensione o di qualche testata passata per vedere come dal “giovane di grandi promesse” ci si diplomi ben presto in “bufala di prima categoria senza arte né parte”.
Ma come? Non si parlava della stessa persona poco prima? Non era lo stesso artista? Chi ha sbagliato? Il giudizio errato è stato dato dal popolo o dagli esperti di settore?
Osannati prima e deprezzati poi, è il destino di chi si tira addosso l’invidia e la presunzione di chi trova più comodo e semplice fare una sterile critica piuttosto che rispondere con un atto di incentivazione a migliorarsi e a raggiungere gli stessi risultati.
I raccomandati, le superstar, i sopravalutati esistono tutti in varie categorie citate, ma nulla valgono la rabbia e le parole vane senza scopo se non si sa dove parare, a che serve incattivirsi e rifiutare tutto e tutti con la convinzione di essere il migliore ma senza una meta? Forse non si è lavorato abbastanza? Non si è studiato il dovuto? Non si è creata una doverosa aspettativa?
Troppe volte si accusa il sistema e si attaccano gli altri: critici, curatori, galleristi, istituzioni, forse perché accusare qualcun altro è sempre più semplice e comodo. Da dove partire allora? Prima di tutto dai luoghi dove si parla e si fa arte, questi i posti migliori per cominciare e confrontarsi, anche per rendersi conto che c’è qualcuno migliore di noi e, di conseguenza, capire che non si farà mai un passo diverso da quello compiuto.
Viaggiare, vedere posti, artisti, confrontarsi, studiare ed essere costantemente e perennemente curiosi, senza presunzioni, senza presentare il conto per quello che si chiede. Arrivare poi piano piano a comprendere, se capita, che ci si è sbagliati anche sul nostro operato, sulle cose dette, scritte, scolpite, dipinte, sul modo di affrontare l’arte, la vita e allora meglio un buon ritiro che una umiliante sconfitta.
Arrendersi non significa aver perso, ma solo cambiare strategia e direzione per arrivare ad un futuro nuovo, sempre in divenire, sempre in crescita.