Pubblicato il 01 aprile 2016 in http://vecchiatoart.blogspot.it
a Zaha Hadid,
costruttrice di sogni e architetture
“L’attesa del piacere è essa stessa il piacere”
(Gotthold Ephraim Lessing)
Nella partita tra chi salvare se l’arte o l’artista chi vince? Chi è più importante? L’artista che passa o l’arte che resta?
L’artista spesso viene supportato e con lui vengo spinte e avvalorate idee e situazioni, diventa protagonista non solo di opere ma di una serie di lavoro di comunicazione, marketing, apparizioni e comparsate che ne creano il mito, dove l’immagine medesima travalica poi la sua produzione a favore di un egocentrismo che diventa esso stesso prodotto d’arte.
Tanti gli artisti che si sono distinti non solo per l’arte ma anche per le loro eccentricità, ecco qualche esempio: i Futuristi che, per rompere con il passato, amavano portare scompiglio non solo con le parole e le azioni ma anche nell’abbigliamento creando sovversioni inimmaginabili per l’epoca come il panciotto indossato a rovescio; Salvador Dalì con la cura della sua immagine da artista pazzo, con i baffi impomatati e all’insù circondato da personaggi usciti da chissà quale circo; Frida Kahlo che dei suoi difetti fisici si fa forza e bellezza; Jeff Koons, con l’azione-perfomance insieme alla moglie di allora Ilona Staller alias Cicciolina nota pornostar; Hermann Nitsch che compare con tanto di veste e barba con la sua figura che ricorda un antico filosofo o un profeta di memoria antica; Andy Warhol che nella sua “corte dei miracoli” annovera artisti, musicisti, attori e lui stesso diventa simbolo di vanità ed egocentrismo di un epoca legata al sogno americano e al boom economico; Banksy “famoso per non essere famoso” in quanto figura astratta di artista che nessuno ha mai visto e che, in un’epoca in cui tutti vogliono apparire, lui invece “scompare” e manca una sua immagine mediatica da mostrare (anche se pare sia stata svelata la sua vera identità da poco).
Appurato che gli “artist star” continuano a pullulare ed essere coloro che calamitano l’attenzione pubblica e artistica, a scapito invece delle opere e dell’arte che sembra dimenticata e lasciata fuori dagli eventi collaterali, attorno al lavoro artistico si trovano a gravitare sempre più “star” e sempre meno arte.
Alcuni grandi lasciano non solo il nome ma anche il segno come Zaha Hadid, regina incontrastata dell’architettura contemporanea, un’innovatrice e un’anticonformista mancata il 31 marzo 2016, troppo presto per andarsene e lasciare un mondo ricolmo di costruzioni e monumenti: “L’architettura è davvero benessere. Penso che la gente voglia sentirsi bene in uno spazio … Da un lato si tratta di un riparo, dall’altro si tratta anche di un piacere“.
Appunto, piacere, perché spesso si parla dell’evento vip, di chi c’era e dei grandi assenti, delle polemiche che ne seguono, del buffet preso d’assalto, della caccia al selfie con l’artista o con qualche personaggio famoso intervenuto ecco che quindi si dimentica, ovviamente, l’Arte, le opere prodotte e l’artista prende il predominio, dimenticando il piacere come ultimo confronto con l’arte e il proprio IO.
Ma allora, è più importante la figura dell’artista di moda e che fa moda o forse è necessaria la sua presenza per trainare l’arte nel suo insieme? In fin dei conti morto l’artista resta la sua opera a testimoniare quello che è stato e passato. L’arte diventa l’unico mezzo da ricordare e da confrontare, l’unico punto che serve davvero a far si che né artist star né eventi vari offuschino la materia principale: l’arte.
La parte basilare che coinvolge lo spettatore in maniera atemporale è sempre l’arte, possono quindi passare i periodi storici, le situazioni e i personaggi che ne fanno da corollario ma Lei rimane sempre lì a testimoniare il tempo vissuto e a creare le emozioni, piacevoli o meno, che ci conducono alla scoperta di quello che come segno è stato lasciato nel corso della storia dell’arte.
L’arte o l’artista? Una battaglia che continuerà fino a che la creatività dell’uomo non sarà mai paga. Non esiste arte senza l’artista, non esiste artista senza arte, in verità sono imprescindibili e impossibili da slegare.
Quante volte riconosciamo un artista ma non la sua opera? O viceversa, quanti i casi in cui si conoscono le opere ma non chi le ha realizzate? A volte si legano in maniera indissolubile e si fondono in un unicum, ecco allora che L’urlo-di-Munch diventa una assonanza singolare tra esecutore ed opera, come se L’urlo di Munch fosse il titolo completo e non la distinzione tra quadro e autore, il tutto fuso in una sola parola, come nel caso de La-Gioconda-di-Leonardo, o il David-di-Donatello, solo per citare qualche combinazione.
Con un effetto contrario si arriva anche a conosce l’opera e non l’artista, è il caso di quello-che-fa-gli omini-stilizzati (Keith Haring) o quello che ha fatto le lattine di Coca-Cola e le Marilyn Monroe (Andy Warhol) o quella che fotografa le modelle nude (Vanessa Beecroft, si sa, il nudo come lo scandalo incuriosisce e attira sempre!).
L’artista o l’arte? Quanto di importanza diamo all’uno o all’altro? Quale pesa di più nelle nostre preferenze? Si agisce di pancia, di testa o di cuore? Dedicare il tempo all’arte e agli artisti questo forse conta per una scelta che non può essere dettata se non dal gusto personale e dal piacere, dalle attese che portano a prediligere ora l’artista ora l’arte.