Pubblicato il 21 marzo 2017 in http://vecchiatoart.blogspot.it
“La cosa più profonda di un uomo è la pelle”
(Paul Valery)
Una sensazione. Quando qualcosa si insinua e piace o, al contrario, si allontana invece dai nostri piaceri la prima ad assaporarne l’impatto è la pelle, come? Con un brivido o una percezione di calore diffuso che si pone tra l’esterno e l’emozionalità del vissuto, il nostro corpo.
L’arte è così, come la pelle, dà i brividi, è il limite tra esterno ed esternalizzazione, l’arte è la pelle su cui si indagano le sensazioni, la critica di sé, la storia, dove si gettano le basi future senza scordare di guardare indietro.
L’arte è il confine, la pelle è il confine.
La pelle è il luogo di contatto tra l’uomo e il mondo, l’arte è il luogo di contatto tra l’uomo e il mondo.
La pelle è quel punto che si incide di emozioni, su cui il pensiero lascia le sue tracce.
L’arte è quel punto che si incide di emozioni, su cui il pensiero lascia le sue tracce.
La differenza non c’è, non esiste discordanza tra arte e pelle, entrano e si insinuano e continuano a far parte per la vita, difficile poi togliersi la pelle dal corpo, così l’arte, difficile togliersela di torno.
Si possono fare mille altre cose nella vita, si può sopravvivere in un call center, lavorare come commessi in un negozio, recitare in una fiction e avere una diversa visibilità, ma l’arte reclama e ritorna prepotentemente a bussare alla porta per entrare.
Come la pelle, la si può maltrattare e odiare, violare, mordere, graffiare, ma lei ci segue e rimane la traccia visibile della vita di ognuno, è un’impronta che segna ed identifica chi siamo.
La pelle, lo strumento percettivo ed ematico per eccellenza, la pelle che si lava, si nutre, si protegge, si tocca, si accarezza, si odora, si copre, si scopre, si sfoglia, si rigenera, si assaggia.
Ci si confonde nella pelle, trasmette quel calore che riscalda, si modella e si imprime sul corpo, trattiene il colore delle carni, apre i pori al piacere.
La pelle gela e trema fra i sudori.
La pelle è stata ed è la ricerca di molti artisti contemporanei perché è l’esplorazione dell’interiorità e dell’emotività, è un momento di incontro tra l’espressione creativa e la sensazione che se ne ricava, opere inscenate da Marina Abramovic, Vito Acconci, Matthew barney, Joseph Beuys, louise Bourgeois, Marcel Duchamp ne sono solo l’esempio.
Arte e corpo, arte e pelle, tra la tecnologia e la carne, tra la dimensione privata e la comunicabilità con il mondo, tra segni e disegni, tra il divenire e il rigenerarsi, la pelle è lo strumento primario dell’arte contemporanea.
La pelle diventa la superficie che subisce gli effetti delle mode, delle influenze e della influenza estetica, del glamour, con innesti, tatuaggi, piercing, deformazioni, la pelle assorbe il ciclo vitale del mondo.
Paesaggi umorali identificano la pelle, un delicato soffio che diventa sensore di tutti gli stati umorali ed emozionali più profondi, la pelle è un contenitore di pulsazioni che non si riescono a trattenere come il respiro e il battito cardiaco, la pelle suda e si raffredda ed è l’indicatore delle percezioni.
L’importanza di velare o svelare un corpo diventa l’esigenza per porre l’attenzione sul significato che si fa ricerca nell’arte di artisti come Franko B, Gilbert & George, Yves Klein, Orlan, Yoko Ono, Gina Pane, Cindy Sherman, Araki, Francesca Woodman.
La pelle è la parte che identifica chi siamo, la si può segnare e costringere, colorare, modificare, ma ritorna a galla in fondo la sua forma originaria, anche se rinnegata o tralasciata, avviene la stessa cosa per chi si arrende e accantona l’arte: non si cambia, non si modifica, non si sopisce l’arte, si vive e si cambia, ma non si scorda l’amore che è inciso dentro la pelle, oltre l’epidermide, è lì che si trova il senso della passione e dell’arte, nell’anima.