Pubblicato l’11 ottobre 2016 in http://vecchiatoart.blogspot.it
“È così bello da sembrare un quadro”, quante volte una frase simile si interpone nei discorsi e nei pensieri di fronte ad un meraviglioso spettacolo naturale che si desidererebbe fermare per sempre come immagine impressa nella mente?
Ma perché un’immagine che piace e provoca un’emozione si paragona ad un quadro?
Perché è l’unico mezzo di paragone per fissare una rappresentazione della realtà?
Perché la mimesi del reale si fissa e resta per sempre legata ad un filtro emozionale?
O più semplicemente, perché l’arte rimane il più antico mezzo di comunicazione visiva, anche oggi, quando si parla di comunicazione globale fatta sempre più in maniera mediatica e social?
“È così bello da sembrare un quadro”, forse è davvero così, la divulgazione visiva è il punto di inizio di una discussione che trova difficile appagamento.
Quante parole si potrebbero spendere in merito su ciò che è finzione e ciò che è invece oggettività e concretezza?
La frase stessa “È così bello da sembrare un quadro” è sibillina e fuorviante: è così bello che “SEMBRA” un quadro, già, sembra, appare, finge di essere ciò che non è perché diventa migliorabile e più bello un quadro che riproduce la realtà oppure è la realtà che nasce in un mondo da sogno?
Il bisogno di replicare il visibile e conoscibile e di dare, di conseguenza, una propria interpretazione a ciò che si vede, non ha un datazione e un momento specifico: si è sempre fatto.
Fin da bambini, armati di foglio e colori, si ridisegna la realtà secondo il punto di vista che si fonde tra piacere e ciò che si considera il bello interpretativo.
Pensare al sole, disegnare un sole, sono due processi, quelli del pensiero e dell’interpretazione, che si avvalgono di diversi fattori e influenze, siano esse sociali, emozionali o comparatistiche dove ognuno interpreterà il sole a modo suo senza mai disegnare veramente il sole.
È per questo che il mondo dell’arte si fa così vario e non classificabile in una sola definizione, si resta colpiti dall’imitazione quasi tangibile di un canestra di frutta di Caravaggio, dall’Iperrealismo di Duane Hanson o dalla emozione segnica di Jackson Pollock, dalle campiture vibranti colore de Mark Rothko, dall’astrazione geometrica di Wassily Kandinskij, così come dal Concettuale fatto di idee di Piero Manzoni o Maurizio Cattelan.
Tutti, in modo differente, reinterpretano la realtà che appare così bella da assomigliare ad un quadro, anzi da diventare un quadro, un’opera d’arte.
Anche quando si parla del mondo astratto e del mondo fatto di idee concettuali si parte sempre dal figurativo e dall’imitazione della natura, spesso si ripudia ciò che si vede, altre volte invece la visione ne viene esaltata, è una elaborazione di ciò che permette di inscrivere la fantasia dell’autore che passa dalla mente, dall’impressione, alla vera e propria esecuzione.
Le immagini si formano con le parole, con la musica, con gli occhi che vedono e con i sensi che sentono, per questo non si abbisogna di ulteriori immagini, espressioni e sonorità, ognuno interpreta e arriva a capire quello che si forma e fonde tra visibile e imitatio.
Anche un quadro figurativo, solo perché si identifica e riconosce il soggetto, non è da annoverarsi tra astrattismo e concettuale? Forse si, visto che lo stesso quadro figurativo riproduce la natura, non è che una mera illusione di ciò che il nostro occhio vede e percepisce.
Ogni immagine prodotta è così bella allora che diventerà un’opera d’arte, ogni emozione fatta di segni o colori si trasformerà in qualcosa di da incorniciare e tenere, da fissare come uno scatto immaginifico che diventa allora unico e irripetibile, un po’ come il sole disegnato da un bambino.
Si ferma un istante, un ricordo che trascorre, si trattiene un momento che non si vorrebbe finisse mai, si resta senza respiro davanti ad una immagine che risulta davvero “così bella da sembrare un quadro”, ecco, l’arte serve anche a questo, a rendere la vita (anche per un giorno solo) migliore.