“Dietro l’orizzonte sorgono sempre nuovi orizzonti.
Abbandoniamo il mondo del sogno per ritrovarci in un altro.
E mentre andiamo attraversandone la frontiera,
già si va preparando la successiva e così via, sino a pervenire alla costa dell’alba.
La mia strada mi si dipana davanti. Io non invidio nessuno che abbia raggiunto il proprio obbiettivo.
Viaggio volentieri.”
(“Dagli appunti di Max Muto, il viandante del sogno”
Da “la prigione della libertà” di Michael Ende)
Il segno, è traccia, è simbolo che si contorce e si articola fino a creare forme (ir)riconoscibili, realtà antropomorfe che si svelano agli occhi di chi guarda.
Il disegno, è espressione che parte da un concetto interiore sentito dall’artista che poi lo trasforma e muta in sintesi tra segno e colore che si associa in un’unica forma: l’opera d’arte.L’immaginario di Denis Riva non si ferma alla sola visione: non solo l’occhio è messo in atto per completare quello che si vede, si richiede una compartecipazione emozionale allo spettatore che si ritrova davanti nuove silenziose forme, nuove associazioni colorate che aprono lo spazio al mondo dei sogni.
Si, i sogni, dove tutto è possibile e tutto si può immaginare e creare, dove l’uomo vola e rimane sospeso senza tempo e senza aria, bloccato nell’istante che ferma un istante, un ricordo.
Il supporto dei segni e dei colori fa parte del tempo, lettere di avvocati e dei primi del Novecento, segni del passato che hanno graffiato la carta diventano la base per le composizioni di Denis Riva, vecchi manuali scolastici sui quali si sono contaminate le tonalità del “tempo perduto”, viaggi compiuti nel passato che ora ritornano verso un nuovo orientamento contemporaneo, un Surrealismo visivo mai sopito.
In un’epoca in cui la carta sembra lasciare sempre più spazio alla tecnologia, alle mille possibilità di navigazione e recupero della memoria, il fascino del vissuto precedente si coniuga invece in mondi sommersi e sollevati creati dall’artista.
Un’idea di sospensione, di perdita dell’identità in cui “…questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare”, un mare di ricordi e di paesaggi creati, a volte illusori, a volte riconducibili verso ulteriori mondi che si fanno giungle intricate, isole in mezzo ad una foresta, perse negli oceani dell’immaginazione.
Tema centrale dell’esposizione della mostra di Atipografia è Epochè, parola chiave rimane la Sospensione, sintesi perfetta per costruire un luogo senza istanti e che rievochi la leggerezza di un segno su un foglio, di una pennellata ad acquerello fluida, leggera e trasparente come un pagina di carta del passato su cui, in trasparenza, sono rimasti i segni del tempo e dove filtra la luce in maniera ritmata, il tutto seguito da una proiezione di disegni e colori. Nuvole che si fanno pensieri visivi, sospese tra cielo e terra, voli incontrollabili di pensieri fissati su carta e proiettati nel mezzo del percorso dove lo spettatore, attore del momento, è costretto a passare.
Animali che diventano uomini, uomini che assomigliano ad animali, teste di cane rovesciate, sassi antropomorfi, una fauna tratta direttamente dal mondo onirico che si chiede quanto pesi l’assenza del tempo.
Tutto si fonde nella levità delle cose, da i “Paesaggi di carta”, opere sulla sintesi del paesaggio, composto da carte segnate dal tempo che ne alterano i colori sbiadendone la visione e restituendo l’illusione di un paesaggio sintetizzato.
“Voler diventare o sostituire qualcos’altro in sospensione dopo un salto”, un’opera monumentale di cinque metri dove si somma la concezione di un paesaggio tracciato e trascinato in cui i segni, i colori e le forme si traducono per mezzo di carta e pittura.
La natura è l’ispiratrice e la compagna dei luoghi mentali che si associa alle opere di Denis Riva attraverso l’intervento del lievito madre, punto d’inizio per il disegno. L’artista definisce un risultato con la completezza di una serie di immagini da cui si parte e che trasforma successivamente le cose da un punto di vista iniziale in qualcosa d’altro, trasformarsi, evolversi, creare senza frenare lo spazio della creatività.
Denis Riva, alias Deriva, si lascia per l’appunto trasportare e galleggiare, oscillante dalla corrente e dal vento che muove le sue “carte sospese” e la sua descrizione dal comunicato stampa della mostra ben evidenzia il suo svolgimento di fantasia: “Deriva lavora con la precisione dello scienziato, la semplicità del bambino e la produttività della formica, affidandosi anche all’intervento del caso. Riporta l’equilibrio nel caos degli elementi, o lo sconvolge provocando reazioni imprevedibili, in un’oscillazione continua fra ironia e riflessione profonda”.
“Cadono dal cielo come divinità”, è un’opera che chiude il percorso della mostra inaugurata ad Arzignano il 6 febbraio 2016 presso la sede Atipografia, il titolo racchiude l’idea di sogni, sospensione e delicatezza immerso in un paesaggio dai toni azzurri: cani che piovono dal cielo, nuvole di animali che scendono a terra e corrono verso la natura.
Cadono dal cielo come divinità, come le stelle che nascondo desideri espressi e sogni, come narrazione visiva e poetica di sospensione tra cielo e terra, una terra di sogni.