Pubblicato il 30 settembre 2016 in http://vecchiatoart.blogspot.it

Conta più il sapere o il fare?
Già, cosa conta di più? Sapere o fare? Conoscere e approfondire, studiare, indagare e ricercare le cose o essere invece pratici, dediti all’azione, maneggiare i materiali?
Sono entrambi processi creativi a cui dare importanza e respiro, l’uno equivale e si compensa nell’altra: senza il sapere non c’è il fare, senza il fare latita il sapere.
Nell’era dei social network, della globalizzazione totale e diffusione dei pensieri che avviene in un istante dettato da un click o da un touch, la diatriba sapere-fare cozza forse ancora di più.
Difficile trovare il tempo per fermarsi e parlare, tantomeno per leggere o scrivere, forse anche solo per leggere un libro o affrontare concetti e riflessioni.
Ci si affida ad aforismi preconfezionati che indicano l’umore della giornata, ci si lascia incantare da qualche foto ad effetto scovata in qualche app o sito, si compiono pochi atti e si vivono molte situazioni.
Quindi? Ha senso sapere senza fare o, viceversa, fare senza sapere?
Rapportato ad un discorso circoscritto che segue il mondo artistico, spesso la necessità di sole immagini che “parlano” agli occhi e alle emozioni dello spettatore non bastano, così come le parole, a loro volta, senza un supporto visivo finisco nel dimenticatoio.
Quando ci si trova davanti ad un’opera d’arte perché si cerca in qualche modo di capire chi sia l’autore, quando è nato e vissuto, quale titolo è stato dato, cosa rappresenta e quale significato si nasconde… tutta una serie di quesiti che trovano risposta sfogliando guide, leggendo didascalie, googlelando l’opera, informandosi su wikipedia, interpellando la guida turistica del momento.
Il sapere è questo, è conoscere e dare vita alla propria curiosità e colmare quegli spazi che il sapere riempie. Chi lo ha fatto? Chi ha descritto quel quadro così bello, quella scultura così imponente o quella costruzione architettonica che si mostra da secoli? Il sapere, quasi come se fosse un’entità visibile e tangibile, si è avvalso di critici, teorici, storici, documentaristi del presente che hanno scritto e divulgato lasciando poi un segno per chi desidera farcire la completezza dell’informazione.
Un critico, uno storico, sono figure essenziali e importanti quando si parla di un artista e dei suoi lavori, si dà voce alle immagini ed entrambe restano, si accompagnano nel lungo cammino fatto non solo di fotografie, schermate e rappresentazioni, ma continuando a riempire le pagine della memoria di scritti e di parole si incidono nell’uomo come seconda pelle per non essere scordate.
Il fare è invece una formula che prevede l’azione, il pensiero che si trasforma in gesti e materiali che decodificano il pensiero, le emozioni e le idee di un essere umano che, se lo si concretizza in una figura reale, lo si chiama e definisce “artista”.
L’artista accompagna lo spettatore in un mondo che interpreta i suoi bisogni con un’espressione che condivide con gli altri, spesso chi vede il risultato si meraviglia e fa suo il pensiero e l’idea del suo esecutore, altre volte il risultato può non suscitare meraviglia ma solo indifferenza.
L’arte è per tutti ma non di tutti, un piacere che può aumentare come lasciare senza nessuna nozione di sorta.
Il fare non si discosta dal sapere, il fare crea, il sapere esplica.
Nessun artista basta a se stesso, nessuna opera vive di sole luce riflessa e di bellezza creativa, così come chi scrive non si avvale solo delle parole ma assesta i pensieri con gli aspetti visivi per intervallare e compensare ciò che si descrive.
Un libro si arricchisce con disegni e illustrazioni, una favola per immagini è supportata dalle parole e tutto si fonde, il fare e il sapere, il sapere e il fare.
Presunzione dell’uomo credere che basti l’immagine senza parola, arrogante tanto quanto colui che crede che le parole non diano forza a ciò che si vede.
È meglio fare o sapere? È meglio creare, a volte tacere perché siano le parole e le immagini a parlare.