«È  con grande orgoglio che accogliamo questa mostra, che avviene dopo alcuni anni dalla scomparsa di Caraceni – afferma l’assessore alla Cultura del Comune di Padova, Andrea Colasio –. Questa esposizione ha il sapore dell’inedito, dato che per molto tempo i suoi lavori sono rimasti ricercati tra i collezionisti, ma poco conosciuti al grande pubblico».

Il percorso espositivo, curato da Enrica Feltracco e Massimiliano Sabbion, è stato studiato per porre l’accento sui mezzi che Caraceni ha utilizzato per «uscire dalla tradizione», grazie alla sua pittura di gesto: un’arte tecnica, rigorosa, oggettiva, che rifugge da ogni tentazione intimistica, attraverso quattro periodi nella vita dell’artista.

Si comincia con il periodo della «formazione» (dalla fine degli anni ‘40 al 1956): un percorso variegato che, a partire dal trasferimento a Roma – presto segnato dalla «rivoluzione degli artisti di via Margutta» nel 1954 – arriva fino all’invito della Biennale di Venezia del 1956.

Si prosegue con le «plastiche», create dal 1957 al 1961. In questa sezione si può ammirare quanto realizzato con il plexiglass sottile extra lucido, ma anche i crateri derivanti dai sacchi, resi celebri da Alberto Burri. In questo periodo Caraceni viene invitato nuovamente alla Biennale di Venezia (1958) e partecipa alla Quadriennale di Roma del 1960, anno in cui si svolge anche la mostra alla Galleria del Cavallino di Venezia. Tra le opere esposte si trovano quelle della Collettiva del 1960 alla Galleria Appia Antica. Un momento molto importante per la presenza di artisti tra più ricercati e interessanti nel panorama culturale nazionale e internazionale dell’epoca, come  Mario Schifano, Mark Rothko, Jackson Pollock, Hans Hartung, Emilio Vedova, Alberto Burri, Giulio Turcato e molti altri.

I «fili», negli anni ’60, caratterizzano il periodo più rappresentativo dell’arte di Caraceni, rappresentando il punto di rottura tra chiodi e fili di ferro, di cui Palma Bucarelli parla come di un balzo «oltre l’informale». Come sottolinea Massimiliano Sabbion, «il filo è il cordone ombelicale di Caraceni, costantemente presente nella sua vita: dalle reti dei pescatori di Chioggia, dai lavori delle donne tra le mura domestiche con il tombolo, agli itinerari invisibili degli aerei osservati dall’alto del campanile della sua città dal quale estrapola l’essenza di mappe in una labirintica visione, dove si esce grazie al soccorso di un “filo d’Arianna”».

L’ultimo periodo individuato dai curatori è quello dei «labirinti e delle mappe», presenti nell’importante mostra alla Galleria del Cavallino, curata da Maurizio Calvesi nel 1968, anno in cui Caraceni viene anche invitato nuovamente alla Biennale d’Arte di Venezia e  di Tokyo. Nelle Mappe si percepisce il bisogno di un ritorno ad un mondo antropizzato, ma dove la scienza diventa fantascienza, lo spazio “fantaspazio”. Come una terra vista da un’astronave, oggi potremmo dire da un drone o meglio da un satellite, Caraceni costruisce delle scenografie mentali che lasciano allo spettatore la libertà di immaginare nuove forme di vita.

Caraceni è un artista attento e sensibile al mutamento delle cose, alle scoperte scientifiche e all’importanza della comunicazione, interessato alla musica elettronica, alla matematica e alla scienza. Numerosi sono gli appunti che ha dedicato alla matematica e alla scienza, campi di interesse che emergono con forza da svariati appunti che egli affida a margine di segni e disegni. I «segni» non abbandonano mai la sua ricerca, si ritrovano nello studio sviluppato nella serie dei Gesti, delle Mappe e dei Labirinti e sono presenti ancora nella sua ultima produzione con le opere dei Multipli e dei Geometrici.

La riscoperta è il valore aggiunto di questa esposizione, che giunge sedici anni dopo quella che l’Università degli Studi di Padova realizzò a Palazzo Ragazzoni Flangini Biglia di Sacile, con la collaborazione del settore Cultura del Comune di Padova.

«Mi auguro che questa mostra apra nuovi scenari di studio su Ezio Bruno Caraceni – commenta la curatrice Enrica Feltracco –, affinché se ne possa finalmente apprezzare il contenuto innovativo e il suo ruolo di precursore».

Si ringraziano la Fondazione Celeghin – Gruppo D.M.O. e l’avvocato Marielena Verde.

Informazioni

Apertura: 07 dicembre 2024 – 30 marzo 2025

Orari: tutti i giorni, dalle 9.00 alle 19.00

Museo Eremitani – piazza Eremitani 8, 35121, Padova

Ingresso: incluso nel biglietto del Museo Eremitani

Catalogo: Biblos

Ezio Bruno Caraceni – Nel labirinto dell’informale – dagli anni ‘50 ai ‘70