Pubblicato il 16 febbraio 2016 in http://vecchiatoart.blogspot.it

Ad Enrica, che si prende cura dell’arte con l’arte

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore,
dalle ossessioni delle tue manie.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
E guarirai da tutte le malattie,
perché sei un essere speciale,
ed io, avrò cura di te.”
(La cura, Franco Battiato)

Che bella questa mostra…”, “Mi piace molto la disposizione delle opere nelle sale, la libertà con cui ci si muove e il percorso creato”, “A me ste scelte non sono piaciute! Troppo tirate e troppa poca sostanza”, “Assolutamente da evitare, fatta dai soliti noti e solite cose, nulla di eccezionale”, “Il catalogo con gli interventi critici mi è piaciuto, certo che non è niente male affiancare opere e scritti dedicati”, “Per favore! Ma un’altra mostra sulla Pop Art? ancora? Che avranno da dire stavolta?”, “Bella! Complimenti comunque, ottima curatela”…
Frasi a caso sparse tra i commenti dei visitatori di una mostra, poco importa che sia un’esposizione fatta in una galleria per una collettiva o la personale di un artista, l’idea di fondo è la realizzazione di un evento che si crea, si mostra e va in scena.
Dietro ad ogni frase di apprezzamento o di disapprovazione si nascondono i sentimenti più vari in ordine sparso: gioia, piacere, disgusto, critica gratuita, nevrosi sopite, felicità condivisa, risultati, ma soprattutto e spesso (buona o cattiva che sia) di invidia.
Ma cosa succede davvero dietro le quinte di una mostra da mettere…in mostra?
Che lavoro fa il curatore? Già, il curatore, responsabile della buona o cattiva riuscita di un evento a cui tutti guardano ma che pochi poi ricordano sto curatore, se va bene ed è bella la mostra allora il merito è del/degli artista/artisti, dell’ente (pubblico o privato che sia) che ha dato lo spazio, la guardiania, i finanziamenti (pochi), persino la riuscita o meno del catering? Ovvio! È da imputare al curatore!
Al contrario, se va male è comunque sempre e solo colpa del curatore: troppe opere, troppo poche, catalogo da rifare, ritardi nelle consegne, location sbagliata, pochi finanziamenti e sponsor, senza contare gli umori degli artisti (se viventi) o degli eredi e delle vedove (se morti e sepolti) e, naturalmente, lo ribadiamo, se il vino al catering o gli stuzzichini fanno schifo è, ovviamente, colpa del curatore!
Ma che lavoro farà mai il curatore? Quali compiti e quali doveri e oneri gli spettano? Sfatiamo il mito che “il lavoro degli altri è sempre più bello”, non sempre se si fa quello che ci piace poi è il mestiere più bello del mondo! Anche per il curatore la sveglia suona e non si smette mai di pensare e agire, neppure quando per gli altri la giornata sembra finita…
La “regia” è affidata a lui e il curatore deve sapersi giostrare all’inizio di tutto tra burocrazia, domande da fare, mail da inviare, carte da firmare, delibere e assicurazioni, documenti di trasporto, bolle, sms, telefonate, frasi di circostanza che iniziano con “Gent.ssimi…Con la presente…Buongiorno Dottore..” alternate dalle più informali e dirette “Ciao…ok ricevuto…ma dove cazzo sei?”.
Farsi accettare e portare avanti l’idea di una mostra passa dalla burocrazia alla forma che piano piano si applica e prende vita: sopralluoghi agli spazi e alle location, discussioni con le maestranze che dovranno allestire le opere e dove si scopre che eventuali buchi ai muri non si possono fare, colonne per le sculture non ci sono, oppure che la sicurezza dello stabile non permette la locazione di determinate strutture o che il trasporto del materiale e delle opere deve avvenire in zona ZTL, quindi nuova richiesta e nuova burocrazia…
Capitolo a parte è la ricerca delle opere, solitamente l’idea c’è e quadri e sculture pure, ma se poi il collezionista non vuole più prestarle? O se la famiglia del defunto artista cambia idea? O se per forza, per far piacere all’amico-dell’amico-che-vuole-la-sua-opera-in-mostra che deve per forza darti la sua opera che in realtà non serve a nulla all’esposizione e magari è pure fuori luogo e brutta? Se l’artista ha promesso di realizzare ex novo venti opere nuove e poi in realtà a due giorni dall’allestimento si presenta con solo quattro patacche perché non ha fatto a tempo?
Oppure se lo stesso artista cambia idea e la mostra non la vuole più fare? Allora si va di messanger, sms, telefonate, suppliche e anche qualche parola grossa per risvegliare la sopita depressione pre-mostra e dopo lo zuccherino si va di mazzate!
Per non parlare poi dei ritardi relativi ai testi critici, troppo lunghi o troppo corti, troppo ego o troppo menefreghismo, qualche storico e critico bisogna pregarlo e farlo in maniera tra il supplichevole e il gentile mezzo incazzato, altri si ritirano per “impegni presi in precedenza” e allora il panico per cercare qualche sostituto che, se lo sa, si sente il secondo arrivato e può magari rifiutarsi di “elargire la sua sapienza per iscritto”.
E poi? Poi il dubbio se il catalogo uscirà giusto giusto il giorno dell’inaugurazione, e allora vai di sms, mail, telefonate, km e km in macchina sfidando le sorti del buonsenso mentre con un occhio si guarda al cellulare e con l’altro la strada pianificando cosa fare dopo aver risolto questo problema perché, si sa, subito dopo ce ne sarà un altro.
Senza scordare i mezzi di comunicazione: aggiornare la pagina Facebook e il sito, coordinare i comunicati stampa da inviare, sentire tv e giornali, far partire gli inviti con tutti i mezzi possibili (lettere, sms, mail e se serve anche coi piccioni viaggiatori!), postare sui social tutte le info del caso perché ci sarà sempre qualcuno che se ne uscirà con la domanda: “Dov’è la mostra? In che posto? A che ora? Che giorno?”, insomma serve per creare l’aspettativa dell’evento pubblicando e facendo girare la sana curiosità attorno all’artista o all’opera.
Il giorno dell’allestimento arriva e o le opere sono arrivate e bisogna scaricarle ma manca il personale che è in ritardo, oppure le maestranze ci sono ma mancano le opere e allora bisogna (a seconda dei casi) sollecitare e imprecare o tranquillizzare e sdrammatizzare.
Quando gli operai poi sono stanchi e necessitano, tra sbraitamenti e un “Nooooo! Non là ma qua! Non così ma in questo modo… attentiiii è delicataaaa!”, di una meritata pausa panino/birra/caffè non si può dire di no, ci si aggrega e si fa un po’ la doppia parte, quella del “compagno di merende” e quella del “dottore dove la mettiamo sta roba?”.
I momenti di pausa sono i migliori perché si sdrammatizza e si scherza, la tensione cala e le persone mostrano il lato migliore di sé, si carpiscono news e gossip di mostre precedenti, di curatori, di artisti, di amministrazioni… poi si riprende.
Tutti chiamano e chiedono, in fin dei conti se il regista della situazione è il curatore, il gioco di coordinamento compete a lui e la squadra funziona se viene fatta da tutti.
L’impegno nasce mesi prima per riuscire far coincidere tutto e il lavoro serrato arriva, senza contare che magari qualche curatore ha pure una parvenza di vita, qualche amico o amica da vedere e con cui tenere i rapporti, aggiornarsi e studiare per altri eventi, prendersi una pausa magari; qualche curatore ha una famiglia, magari dei figli che sono stanchi di vedere sempre opere, libri, artisti per casa e magari quando gli si chiede “Cosa vuoi fare da grande?” rispondono serafici “Il matematico o lo scienziato!”, come dargli torto? Senza metafore forse ne hanno le palle piene del lavoro del solerte genitore, ma a volte forse ne sono stupiti e stimolati.
Non si aspetta che il giorno dell’inaugurazione, dove l’imprevisto può sempre arrivare, ad esempio? Ecco, oggi piove! Arriveranno (si spera) centinaia di persone con ombrelli e cappotti, il guardaroba non c’è o è insufficiente, il rischio che qualche manico d’ombrello intralci e sbatta addosso a qualche opera è palese.
La data agognata arriva, magari la stampa non c’è per dispetto o per invidia, probabilmente arriva e sbaglia poi il nome dell’artista nonostante la cartella stampa coi comunicati sia stata data. E poi? Che succede all’inaugurazione quando le porte si aprono e la folla arriva?
E poi? Beh, questo è un altro capitolo, dove dalla cura della mostra si passa poi alla mostra stessa, stanco e soddisfatto che in qualche modo sia finita e comincia ora l’esposizione, la mostra, la collettiva, la personale, l’evento! E il cerchio si chiude, apparentemente.