«La ricerca della verità è possibile soltanto se parliamo chiaramente e semplicemente ed evitiamo tecnicismi e complicazioni non necessari.
Dal mio punto di vista, mirare alla semplicità e alla chiarezza è un dovere morale degli intellettuali:
la mancanza di chiarezza è un peccato e la pretenziosità è un delitto.»
(Karl Popper)
ricerca
[ri-cér-ca] s.f. (pl. -che)
1 Attività finalizzata a trovare o scoprire qlcu. o qlco.: r. del colpevole di un delitto; essere alla r. di un lavoro; in uso assol., indagine, investigazione, inchiesta: una r. lunga, accurata, infruttuosa.
Questa la definizione di ricerca: “Attività finalizzata a trovare o scoprire qualcuno o qualcosa”, nella descrizione specifica quel “qualcuno” o quel “qualcosa” è il motore di partenza per il fine, ma si può parlare di fine quando si comincia una ricerca? O si tratta solo di un punto di arrivo che segna poi un altro punto di partenza?
La ricerca quando si compie e in qualsiasi campo è sempre faticosa, difficile da gestire e da far passare come divertimento, la ricerca è un lavoro che si compie come atto continuo dettato in primis dalla curiosità e dalla conoscenza. Se non si parte con la giusta dose di desiderio di sapere e di immersione non si compie la ricerca, se manca lo stimolo il lavoro finale non darà né premi agli sforzi fatti né stimoli futuri.
Il 17 dicembre 1903 i fratelli Wilbur e Orville Wright passarono alla storia con il primo rudimentale aereo il “Flyer” che spiccò volo, un volo di soli 12 secondi, eppure dietro a quella manciata di secondi si nascose la tenacia, la forza e la ricerca, forse anche una buona dose di incoscienza e di sogni. Non tutti forse sanno che gli Stati Uniti d’America avevano stanziato la somma di 50000 dollari per la ricerca sull’aviazione messi a disposizione di una delle menti più brillanti del tempo, il professore Samuel Pierpont Langley.
Sostenuto nei suoi tentativi sia dal governo che dalla stampa dell’epoca e con finanziamenti cospicui continuarono gli studi sul volo.
Nel frattempo in Ohio i due fratelli non conosciuti, non seguiti e senza finanziamenti pubblici continuavano la loro incessante ricerca mantenendo la loro attività attraverso il piccolo negozio di biciclette locale. Perché allora i fratelli Wright volarono e Langley non ci riuscì? Perché continuarono nella ricerca, curiosi nella realizzazione del loro sogno impossibile per tutti e nonostante i fallimenti, le avversità, la fatica, le prove disastrose continuarono fino al successo perché il loro obiettivo non fu mai perso di vista: riuscire a volare. Samuel Pierpont Langley non era forse sufficientemente motivato, aveva già raggiunto altri risultati, professore stimato ad Harvard, conosciuto e apprezzato, altri sogni già realizzati, altre ricerche portate a termine, ma il volo… il volo no, forse non gli è servito staccarsi dal suolo e alzare non solo lo sguardo al cielo, ma l’uomo stesso.
Non definiamo lo studio di Langley un fallimento, ma piuttosto classifichiamola come “un non raggiungimento della sua ricerca“, una ricerca non abbastanza convinta, niente affatto forte e incisiva e soprattutto mancante di forza e di sogni.
Sì, sogni, perché servono tanto quanto la curiosità e la ricerca da fare, tutto ciò è un duro lavoro si diceva all’inizio, ma qualcuno ha davvero pensato che tutto sia semplice e che una tempesta si dipani solo con il soffio di una brezza primaverile?
Dodici secondi di volo, contateli, ora. E poi? Poi volate.
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