Ok. Si parte, prendiamo il via.
Ok? Lo so, lo so…non si parte mai una frase con un “ok”, un “che” o una domanda, non è una forma italiana corretta, non si fa e non si usa nello scritto e tantomeno nel parlato.

Bisogna porre attenzione alla lingua e alle forme corrette da usare, ai congiuntivi, alle forme verbali, ai pensieri da legare tra frasi primarie e secondarie, subordinate e tante altre forme grammaticali. L’Italia è molto attenta a quando si parla e a come si parla,così attenta che infatti tutti parlano parlano parlano e poi non si conclude mai nulla di serio e concreto!

Bene, mettiamo in chiaro le cose fin da subito: questo è il MIO blog e quindi dico e scrivo ciò che penso e quello che penso, ma il fatto è che purtroppo tutte queste belle formule di scrittura e di lezione sono rimaste in me per troppo tempo, come sapere accumulato da anni, come ricchezza interiore (va bene dai la ricchezza interiore è importante, è tutto, basta fare un giro, che ne so, anche in Facebook per vedere quintali di aforismi sul caso e non mi soffermo io su tale disquisizione).

Per farla breve come per la lingua italiana di cui si parla molto, si studia molto e di cui si decanta il passato glorioso dei nostri poeti (Dante, sappilo io ti “lovo” da sempre!) così è l’Italia: se ne parla, la si studia, si beatifica e gloria del passato che fu…già, che fu, e ora, citando Alessandro Manzoni, mi viene da scrivere il più famoso dei “fu”, “Ei fu siccome immobile…” è una poesia e? Lo dico per chi non l’avesse ancora studiata ma prima o poi ve la martellano a scuola di sicuro…già, immobile come la canzone di Alessandra Amoroso che vinse Amici nel lontano 2009: “Immobile” perché è più facile oggi sapere il testo di una canzone a memoria che il “5 maggio” del poeta lombardo.
Immobile l’Italia, neppure tanto “qual piuma al vento”, ferma, statica e stitica nei suoi percorsi, nella creazione di giovani speranze che passati i 35 annidi età diventano splendidi e deprecabili stronzi rassegnati e rabbiosi (come me direi!), l’Italia che vive ora nella sua “fuffa” (adoro questo termine perché riempie la bocca e senza attorcigliare la lingua si aggroviglia in un suono che produce un leggero solletico simpatico: FUFFA!).
Se ce l’ho con l’Italia e gli italiani ce l’ho, ovviamente, anche con me stesso perché nostalgicamente ho adorato il sogno di potercela fare ad essere il più bravo signor Storico e Critico d’Arte del Belpaese. Ma che succede nella bella penisola che ha dato i natali ai grandi del Medioevo e del Rinascimento, passando per la magnificenza del Cinquecento fino ad arrivare alla rabbia esplosiva di luce e movimento del Futurismo e oltre? Qui, in Italia dove si è vista la nascita e lo sviluppo di magnifiche città e dinastie, dove si sono prodotte per secoli opere d’arte pittoriche, scultoree e architettoniche, ebbene miei cari, proprio qui IO ho deciso che sarei diventato Storico e Critico d’Arte… le premesse erano buone (erano…ahia, già si parla al passato).

Mi sono detto, facendo un pensiero a voce alta più volte, che, se una nazione come la Svizzera è detentrice del più grande centro di Geologia Marina del mondo (dove ad essere sinceri e puntigliosi mare non ce n’è) allora fare Arte in Italia è sicuramente moooolto più semplice e facile. Seguo comunque le mie passioni e pulsioni, faccio ciò per cui sono nato e portato, ma allora cari Signori e Signore è come vincere la lotteria, come toccare il famoso cielo con un dito: qui in Italia si fa Arte o si muore!
In realtà mi sono reso conto che è come attraversare il mare camminando sull’acqua, come moltiplicare pani e pesci, come far parlare i muti e udire i sordi: tutto questo è un miracolo, si è un miracolo solo per pochi eletti e paraculi riuscire a fare Arte, a produrla, parlarne, scriverne, disquisirne, avviare collaborazioni per poi presentarla come la più figa delle morose che hai mai avuto ai tuoi amici e parenti, ma soprattutto riuscire con l’Arte a LAVORARE!!!