Pubblicato il 17 gennaio 2017 in http://vecchiatoart.blogspot.it

Si ha paura della cultura, si teme l’arte, forse perché si disegnano scenari a dir poco apocalittici e preoccupanti? Si, la gente che produce con la forza delle emozioni e del pensiero è pericolosissima! Perché? Perché ci si abitua a pensare, ad essere curiosi e a parlare con propri simili in un mondo che ha molto di utopia e poco di realtà.
La concretezza e la praticità spesso spazzano via i sogni e la delicatezza con la quale ci si è approcciati; è davvero giusto considerare quello che si tocca solo come reale e quello che si realizza con la forza dei pensieri solo aria?
L’arte è il superfluo, la cultura è un qualcosa a cui si può rinunciare, vero? Dai! In questo momento di crisi ti metti a parlare di mostre e di quadri, di libri e di letture? Suvvia! Siamo realisti: non si vive con queste effimere sviolinate del “nulla”, l’uomo ha bisogno di pane non di cultura!
Alla fine del mese bisogna arrivare e far i conti con tasse, affitto, rate varie, spesa, vestito, cibo, benzina sempre più cara e tu te ne esci con uno scontato e ritrito motto: “Salviamo e amiamo l’arte! Facciamo crescere la cultura!
Ebbene sì, il pensiero è forse comune, in fondo anche veritiero, ma come chiudere le porte in faccia al nostro passato storico, alla visione di secoli di grandezza che hanno contribuito a far sì che l’uomo sia prima di tutto un essere pensante e dotato di emozioni? Tutti quei sussulti emotivi, quei pensieri logoranti, quella innata curiosità per tecniche, materiali, espressioni si possono cancellare in un solo momento? No!
Un popolo ha bisogno di arte e di cultura! Ha bisogno di emozionarsi davanti ad un quadro, di discutere di fronte ad una performance, di indignarsi leggendo un testo, di pensare. Sì, pensare, perché sia ancora valida la frase cartesiana “Penso, dunque sono” (Cogito ergo sum), l’esistenza sta proprio nel mio pensiero, nel mio sentire.
In momenti di maggior crisi e sconforto l’uomo ha sempre dato il meglio di sé, quando si cade, ci si rialza, a volte anche più forti di prima, si investe sulle proprie conoscenze e forze per evitare nuovi traumi e cadute.
Circondarsi sempre di chi può trovare una soluzione di chi è migliore di quello che siamo, investire le forze anche, e soprattutto, nella cultura porta a trovare spiegazioni e menti che sanno aiutare, dirigere, coniugare le soluzioni con l’intelligenza.
Perché invece si assiste il contrario di quello che dovrebbe essere la norma? Si dipanano distese di dubbi con assessorati comunali senza soldi impossibilitati a creare una manifestazione culturale, con numerosi tagli alle mostre, al personale, zero entrate per pagare lo sforzo creativo di critici, curatori, artisti eppure non ci si arrende, si arriva a lavorare con il poco che si ha, si sopravvive, ma è davvero necessario e utile sopravvivere di cultura?
Gallerie d’arte, musei, fondazioni diventano la pallida traccia legata ad una parvenza culturale soppiantata da qualche titolone a livello politico su qualche compiacente giornale e si supporta e sopporta tutto pur di riuscire a portare avanti l’idea di una ipotetica “erudizione”.
La gente può essere tacciata di ignoranza perché non ha i mezzi per capire e colmare il vuoto, ma non è stupida, le persone vanno accompagnate, educate e indirizzate verso le emozioni, poi ad ognuno il discernimento e il libero arbitrio di ciò che piace e ciò che non è di proprio gradimento.
Non basta mettere in piedi una manifestazione o un evento per dire che “si fa cultura” magari adornato di bancarelle con cibo locale, majorette e banda: basta davvero così poco per ingannare le persone tacciando il tutto come “cultura”?
Applicare le materie e gli insegnamenti porta al miglioramento dell’uomo e a far si che i pensieri e le opinioni dilagano, forse il pericolo sta proprio in questo: imparare e diffondere, riuscire a pensare con la propria testa, avere delle riflessioni, riuscire a ragionare e trovare delle soluzioni.
È dunque davvero così inutile, becera e superflua l’arte e la cultura?