“Non si può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non si ha mangiato bene”
(Virginia Woolf)
Davanti ad un’opera d’arte é necessario arrivare preparati, di sicuro pronti emotivamente con l’aspettativa che porta insita in sé tutta una gamma di pensieri ed emozioni più o meno piacevoli.
Avvicinarsi alla visione di un lavoro artistico significa conoscere ciò che si vede attraverso la ricerca, la preparazione e lo studio, la parte emozionale del ciò che piace e ciò che non piace arriva subito dopo.
Questo non significa che si tolga la sorpresa a ciò che si vede.
L’istinto primario così come l’input emozionale dato da un quadro o una scultura, tanto per restare nei temi classici, intervengano successivamente sul nostro giudizio finale.
Credo che per godere appieno di un artista e del suo operato convenga conoscere sia l’aspetto impattante a carattere emozionale sia la storia, la ricerca e il suo percorso.
Questo non significa che in questo modo si pervenga a sminuire l’artista e l’uomo, anzi, é un valore aggiunto che serve a percepire appieno ciò che si vede.
Non da meno rimane l’impatto dell’effetto sorpresa che porta con sé l’opera sconosciuta proprio in virtù del fatto che si ignora chi ne sia l’autore, la sua storia e ciò che emerge e che da essa ne scaturisce é comunque parte del fascino che attrae.
Un colore, una forma, un’idea, sono alla base del “vedere”e del “sentire” emotivo, nulla ci vieta di amare o allontanare ciò che piace o meno, nullo é pure l’effetto sorpresa o l’aspettativa dell’attesa, allora come porsi davanti ad un’opera d’arte? Preparati o dotati di tutti gli strumenti per decodificare e leggere ciò che si vede?
Forse un’assoluta verità non c’é, ciò che spinge alla visione é senza dubbio la curiosità e la voglia di sapere, di conoscere e di assaporare qualcosa di nuovo da un lato e rassicurante dall’altro, é un bisogno primario che serve a placare la fame di conoscenza mista a mero desiderio di sapere.
Provate ad immaginare una situazione vissuta nel quotidiano, per esempio un’uscita a cena in qualche ristorante, mangiare è un’esigenza, un bisogno dettato dal nostro corpo, allora la scelta del posto dove andare a soddisfare la nostra voglia di cibo apre diversi scenari: locali conosciuti e già collaudati? Punti di ristoro completamente nuovi? Insomma, il nuovo o il vecchio? L’avventura o la strada sicura? Sta di fatto che l’esigenza del cibo e della nostra fame dovrà essere placata.
Un esempio tra mille per indicare come questa continua voglia di soddisfare esigenze e bisogni si dipana tra molteplici strade e percorsi, di sicuro resta, per entrambi gli esempi, una sola certezza: la fame.
Senza essere affamati di conoscenza, bulimici di vita e di voglia di interagire non si va oltre la soglia di casa, chi di noi uscirebbe per cenare se ha già la pancia piena? Addentare le cose, mordere e fagocitarle é l’unica formulazione di apprendimento che si richiede davanti ad un’opera d’arte: bisogna essere pronti con la giusta dose di incoscienza e studio nelle giuste proporzioni per apprezzare con soddisfazione ciò che si ingurgita, ci penseranno cervello e stomaco a digerire il tutto e a trarne nutrimento.
Davanti alla Gioconda di Leonardo da Vinci si conosce quasi tutto e la fame é placata, si innesca la curiosità della visione, entrano in gioco altri fattori quali il peso della storia e il simbolo che il quadro rappresenta, si analizzano tecnica ed esecuzione, si ricercano dettagli e aneddoti che colorano l’opera di nuovi dettagli e si ritorna a casa pienamente soddisfatti e appagati.
Cosa succede invece di fronte ad un’opera come la Merda d’artista di Piero Manzoni? Di sicuro tecnica ed esecuzione non la fanno da padrone e in primis non é certo la parte che primeggia quando ci si avvicina alla scatoletta sotto teca di quest’operazione concettuale del quale rimane la serialità espressa dall’artista. Qui é necessario andare oltre a ciò che si vede, bisogna forse indagare di più, ricercare, faticare un poco di più per sapere cosa si guarda, la storia dell’artista e del periodo in cui ha vissuto é fondamentale per dare sapore a questo piatto così stranamente presentato.
La rasserenante Gioconda di Leonardo o la difficile digeribilità di Manzoni? Due volti diversi, due espressioni dell’arte tutt’altro che anonime e semplici.
Si gusta l’arte per bisogno, anche per semplice piacere, così come non si mangia per esigenza fisiologica e di sostentamento, ma per il gusto di conoscere sapori e appagare in questo modo non solo lo stomaco, anche gli occhi, l’olfatto, il gusto e il tatto.