Pubblicato il 25 marzo 2016 in http://vecchiatoart.blogspot.it
La riflessione delle prossime righe proviene direttamente da un post pubblicato su Facebook il 23 marzo 2016 dal giornalista Enrico Mentana, è un pensiero dedicato agli ultimi accadimenti dopo gli attentanti kamikaze da parte di alcuni componenti dell’Isis contro il cuore dell’Europa scoppiati nell’aeroporto e nella metropolitana della città di Bruxelles.
Prendendo spunto dalle parole dette da qui comincia la mia riflessione sull’identità di un popolo attraverso un percorso artistico e culturale che si è dilungato nel corso dei decenni.
A voi il post citato:
“Gente che decide di morire per fare una strage tra persone sconosciute e pacifiche. Nulla e nessuno può giustificare questo fanatismo criminale. A questo punto accendere candele e intonare l’ennesimo “Je suis…” non serve a nulla. Il nullismo europeo porta solo altra acqua al mulino dell’Isis, proprio come il lassismo imbelle delle democrazie europee 80 anni fa aprì la strada ai nazisti. Non li batteremo mai dicendo “noi siamo noi“. La risposta identitaria non ci salverà.
E neanche le mille dietrologie su “chi li ha creati“, “chi li sostiene“, “chi li paga“.
Il mito della loro invincibilità sta alimentando altre simpatie nel mondo islamico profondo, specie tra i giovani. Dopo ogni strage facciamo mille proclami, poi dopo due settimane li accantoniamo. La pace è il nostro stato di natura, ma non è la condizione dei jihadisti. Fare la guerra a chi vive in pace è facilissimo, fare la pace con chi ci ha dichiarato guerra è impossibile.
“Non cambieranno il nostro modo di vivere”. Quello dei disegnatori di Charlie Hebdo, degli avventori dell’Hyper Kacher, dei ragazzi del Bataclan, dell’aeroporto e del metrò di Bruxelles l’hanno cambiato, cancellandolo. Servono risposte vere e condivise, non la retorica della parte giusta.”
Ok, appurato giustamente che “noi siamo noi”, che i vari “Je suis…” si avvicendano alla fine di ogni tragedia insensata e condita da un estremismo politico-religioso, la retorica non serve a nessuno, non più.
Un ripasso alla storia e al passato si concretizza con la realizzazione di fatti tangibili e con la difesa (che rimane sempre il miglior attacco) soprattutto della nostra dignità fatta di cultura, tradizione e arte. Sono stufo di piegarmi, di capire sempre gli altri per paura, ipocrisia o convenzione, voglio essere libero e democraticamente (s)corretto nel parlare ed esprimere anche le mie convinzioni in base alla formazione avuta in questo mio pazzo mondo occidentale che ha solo tanti difetti secondo alcuni ed è bellissimo secondo altri.
Ok, stavolta parlo in prima persona, senza astrarmi dalle scelte e dalle opinioni da lasciare aperte, un monologo con me stesso che, spero, venga letto da altri anche di parere e opinioni diverse.
Vorrei chiarire che prima di tutto CULTURA non è sinonimo di RELIGIONE, chi se ne frega della religione politeista, monoteista, cristiana, ebraica, islamica, buddista o altro! Manco Scientology mi interessa. Credere in qualcuno o in qualcosa (magari sarebbe bello anche più in se stessi) è utile per continuare ad aggrapparsi ad un’idea di fede e di speranza, ma afferrarsi ad ogni costo alle convinzioni e farsi scudo protettivo per giustificare azioni criminali che vanno sotto il nome di Sante Crociate o Isis, poco importa.
La pace serve, è necessaria, utile e ricercata da ogni popolazione, odio che semina odio germina altro odio. Il “noi siamo noi” e “voi siete voi” non serve che a creare lontananze e differenze, forse non è indispensabile voler fondere per forza ideologie e culture diverse, ognuno sta bene nel posto dove si trova, le richieste di aiuto arrivano ma non significa che seppellire un sapere sia la soluzione ad ogni problema.
Ovvio, io come occidentale non capisco molte cose di usi e costumi che non mi appartengono, li vedo e li studio, forse li giudico e mi ritrovo a capire o meno l’importanza delle cose che si avvicendano ma in realtà è inutile negarlo: tutti siamo in fondo un poco falsi buonisti e razzisti solo per il fatto che un’azione ci piace e un’altra no, senza mezze misure.
Folclore locale e curiosità durano il tempo che serve per addentrarsi dentro la testa e il cuore di un popolo, magari per un viaggio da turista che si sa arriva-resta-se-ne-va, ma questo non significa fare parte della cultura altrui se non in maniera antropologicamente superficiale.
L’attenzione di questi giorni, dopo gli attentati intercorsi a Bruxelles, pone l’accento ancora una volta sul solito giro di parole di cordoglio da parte della politica mondiale, dello sdegno e della rabbia delle persone, dalle scuse o accuse rivolte al popolo islamico, appelli vari che si susseguono da entrambi i lati: “oh no ancora morti?” o “evviva fuori tutti!”.
Mah… io penso invece che a favore di tanta rabbia (da entrambe le parti) i vincitori e i vinti alla fine non ci sono: a chi serve tutto questo?
Interessa a chi scrive per poter riempire pagine di giornali e blog, post, social network, tg; a chi compone ed esprime attraverso l’arte il segno dei tempi e ha così molti spunti da dare; a chi vuole riempirsi la bocca con becere chiacchiere da bar; ovvietà e starlette politico-sociali a caccia di visibilità che si sono trasferiti in talk show buonisti e dall’applauso facile; interessa a chi fomenta odio, religione, guerra che sempre di più vanno a braccetto (…forse ci sono sempre andate).
Che ne sarà della cultura tra oriente ed occidente? Cosa ci aspetta? Una nuova guerra ideologica e iconoclasta per far pulire tutto? Una Guerra Santa dove spazzare via immagini e creare un nuovo mondo con scenari fantascientifici e onirici?
Il Belgio, cuore e sede della Comunità Europea, si mostra al mondo con la sua immagine di terra che ha dato i natali a grandi artisti nelle epoche passate, da Pieter Paul Rubens e alle sue rubiconde donne, alle sospensioni immaginifiche di femme fatale di Fernand Knopff, alle figure grottesche di James Ensor, ai mondi surreali e trasognati di René Magritte e Paul Delvaux, alla poesia visiva ed eterea di Jean Michel Folon.
La fantasia al potere, la creatività nelle opere, l’introspezione dell’animo umano, le emozioni che visivamente prendono forma, questo è il mondo dei belgi: surreali, onirici, divertenti, ironici dove l’atmosfera si respira ad ogni passo e dove la capacità di sognare si riversa poi nelle attività degli artisti.
Il personaggio simbolo del mondo contemporaneo belga è la figura di Tintin, un adolescente curioso e avventuroso nato dalla matita di Georges Remi (in arte Hergè), è un eroe nazionale nel paese del fumetto. Il profilo Twitter ufficiale di Tintin ha così postato il suo dolore con un’immagine corredata da didascalia con il messaggio: «Due esplosioni all’aeroporto di Bruxelles. Casa mia...».
Tintin è l’eroe impavido che si getta nelle storie dal fascino misterioso, insegue l’avventura, mai pago di conoscenza e di sapere ed è stato spesso poi associato dagli artisti come una sorta di supereroe moderno, senza super poteri ma con arguzia e intelligenza che lo contraddistinguono e che lo fanno togliere dai guai.
Il colombiano Gabriel Ortega, vede Tintin come un mito iconologico che si popola di significati simbolici e sacri inserendo il fulvo ragazzino in ambienti surreali.
Silvio Fiorenzo invece lo affianca al passato mitologico delle sue tele in bianco in nero in buona compagnia di altri eroi dei fumetti, un eroe tra gli eroi.
Protagonista di una delle opere Roy Lichtenstein, il giovane Tintin è inserito dentro una sua tela-fumetto.
Andy Warhol scelse Hergè come soggetto di alcune serigrafie (oggi esposte a conclusione del percorso del Museo Hergè dove trova ampio spazio la collezione privata del maestro belga con opere di Jean Dubuffet, Lucio Fontana, Hans Holbein, Joan Mirò, Serge Poliakoff).
Un simbolo, un’idea di una cultura che si espande e valica i confini dell’immaginazione e le speranze sono affidate ad una generazione intrepida, coraggiosa, capace di opporsi alle dittature, ai soprusi, a ideologie becere che si fanno vessillo di giustizia e religioni.
Non urlo a squarciagola “Vogliamo la pace nel mondo”, la ESIGO la pace del mondo, basta con il terrorismo e la paura di un futuro basato sulla stupidità ideologica che porta soldi e distruzione ai pochi, vuoi essere felice nella vita? Cambia! Viaggia! Studia! Vivi!
Ma per Dio, qualunque esso sia, qualunque credo si professi, qualunque realtà vi circondi cari esseri umani, smettetela.
Ma per Dio, non si combatte e non si distrugge, a chi e cosa serve? Non pretendo IO di essere un DIO ma alle soglie della globalizzazione totale e tecnologica l’unico hastag che mi viene in mente è #MACHECAZZOFAI?
Ma per Dio, bestemmia o esclamazione che si voglia invocare, che paradisi eterni ci aspettano? Voglio scegliere e non essere scelto da una “bomba a caso”, ragazzi, dai…intrepidi e coraggiosi come Tintin, con un pizzico di sogni e di voglia di cambiare di implodere e scoppiare energia e non di esplodere…e basta.