Pubblicato il 25 settembre 2015 in http://vecchiatoart.blogspot.it
Non ho capito perché per andare ad un’inaugurazione d’arte bisogna per forza avere i capelli rosa…
Lo stupore di fronte all’originalità si perde davanti alla banalità, sono passati i tempi del Futurismo in cui per essere sovversivi e originali bastava girarsi le giacche e i panciotti e al massimo indossare poi sgargianti colori, ora sembra che lo stupire sia la prima vera formula di presentazione.
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Novelli Salvador Dalì si presentano bardati peggio che a carnevale con la scusante di essere originali e fuori dal comune, senza contare non solo accessori e vestiti strampalati ma tutta una serie di povere bestiole che accompagnano le “bestie dell’arte”: simulacri alla Marina Ripa di Meana o sgargianti novelle Paris Hilton dall’immancabile chihuahua, è un trionfo di barboncini e yorkshire, fino agli ingombranti doberman e levrieri e qualche audace bulldog o rottweiler, cani di tutte le taglie e razze che in mezzo alla calca sono sparuti e soffocati, la moda prevede poi che alcuni personaggi si accompagnano ad altro bestiame pseudo esotico come furetti, cincillà, camaleonti e serpenti.
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Giuro! Non scherzo, cose viste e fotografate con gli occhi di chi scrive. Allo zoo umano del vernissage si appresta una variegata serie di bestie e bestiame, e quando tra le conversazioni si agganciano frasi del tipo “Ma guarda che è buono e? Non fa niente! Non morde mica… è timido ma se gli dai confidenza poi si avvicina” e i dubbi si accavallano e assalgono: stanno parlando dell’animale a seguito o dell’accompagnatore/accompagnatrice in vece di moglie, marito, compagna, compagno, amico o amichetta o della prole urlante?
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Sta di fatto che la pressione alla quale sono sottoposti è sempre abbastanza forte e spesso li vedi sparuti guardarsi in giro, cercando con lo sguardo un loro simile, muoversi timidamente e goffi in mezzo a sculture, quadri e video installazioni cercando di carpire qualche segno o suono a loro familiare, al massimo puntano verso il bancone allestito del catering e tirano un sospiro di sollievo: un prosecco ci salverà. Si perché in questa descrizione ci sta tutto l’“animale” da mostra, non la bestiola vaccinata con pedigree e veterinario a seguito ma colui/colei che ha accompagnato il possessore della fauna sguinzagliata.
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Le chiamano public relation queste orge di persone, colori, profumi, odori e animali vari: esserci è essenziale, importante, unico e ASSOLUTAMENTE non si deve mancare.
Poi, alla fine, tanto ci si ritrova a parlare con gli stessi di sempre, qualche nome nuovo scapperà tra i nomi della rubrica del cellulare o in qualche perduto biglietto da visita in tasca, contatti che non serviranno mai o al massimo daranno sicurezza per la prossima volta che vi rivedrete: “quello lo conosco” sarà la trionfante vostra boria da rivincita a farla da padrone, con aria saccente e soddisfatta non sarete il pesce fuor d’acqua della situazione.
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La “normale norma della normalità” sembra superata: più che qualcosa da dire o dare spesso ci si trova con qualcosa da ostentare, dai vestiti improponibili che fanno a pugni con la teoria dei colori di Goethe, ai blu, rosa, gialli, rossi, verdi di chiome alla bene meglio acconciate, ai sopracitati accompagnatori su due o quattro zampe o al massimo striscianti come i serpenti che ornano colli e braccia.
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Importante è essere se stessi, e “se sono dove sono è perché sono come sono”. Lo diceva Alexis (Joan Collins) in Dynasty, soap opera degli anni Ottanta dove intrighi, tradimenti, amori, odi decretarono il corso del decennio reganiano.
Inciso finale: amo gli animali ed è bello vederli, accarezzarli e giocarci alle mostre ma non diventino accessorio di moda da esibire e ostentare e basta…
Ben vengano poi i capelli rosa, ma sotto la cute e il cuoio cappelluto ci sia un cervello che pensa e una mente che elabora.
Per tutti: io non ho i capelli.
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