Pubblicato il 8 aprile 2011 in Exibart onpaper – Maggio 2011, pg. 56
Intervista a Giuseppe Puglisi in occasione della mostra
“Puglisi. Il mediterraneo. Coste e costellazioni”
a cura di Marco Goldin
Stra (Venezia)
Museo Nazionale di Villa Pisani
7 – 25 aprile 2011
Massimiliano Sabbion: Il suo essere visionario, onirico, creatore di un mondo del sogno, è caratteristica di molti artisti.
L’aspetto surreale e trasognato della sua produzione artistica pensa sia collegabile alle sue origini?
Giuseppe Puglisi: È difficile dire cosa e come avrei dipinto se fossi nato in un paese diverso. Istintivamente direi le stesse cose, è chiaro che ciò che vedo mi influenza e seppure la mia pittura appare sognata, è ciò che ho davanti agli occhi sotto la pura superficie del visibile.
M.S.: Quali sono gli artisti contemporanei e del passato con cui sente di avere maggiori affinità?
G.P.: Ho molto amato la luce di Vermeer, Caravaggio (dal quale ho appreso l’insegnamento per gli spazi vuoti), Degas per la tecnica e il colore.
Tra gli artisti contemporanei hanno avuto una certa influenza, soprattutto nel passato, Lorenzo Tornabuoni ma anche Mark Rothko con le emozioni del silenzio attraverso i colori e comunque tutti quegli artisti che ho incontrato e che non hanno paura del vuoto.
M.S.: Perché la scelta di non rappresentare mai l’uomo nelle tele dedicate al mare?
G.P.: Non ho mai dipinto l’assoluto del mare ma é sempre stato il confine di una città, una cerniera tra la terra e il cielo.
Provo a misurare con lo sguardo lo spazio infinito e a colmarlo di significato.
La descrizione dell’uomo in questo caso mi sembra superflua e, d’altra parte, la figura rientra nel campo di indagine del mio lavoro come è stato ad esempio nel ciclo delle piscine o nelle figure di amanti.
M.S.: Le costellazioni e la rappresentazione di “un mare di stelle” è un punto di contatto con le luci mediterranee rappresentate nelle tele dedicate alle città e alle coste ?
G.P.: Le città illuminate sono certamente un riflesso del cielo stellato, una specie di ribaltamento che ci costringe ad abbandonare le regole prospettiche e a muoverci nello spazio in tutte le direzioni possibili e desiderabili.
È quasi un modo di abbandonare le nostre certezze per nuovi orizzonti.