Pubblicato il 17 marzo 2011 in www.exibart.com
Intervista a Fulvio Di Piazza in occasione della mostra
“Fisiologia del paesaggio. Juan Carlos Ceci – Fulvio Di Piazza” a cura di Daniele Capra
Bologna
Museo di Zoologia e di Anatomia Comparata, Università degli Studi di Bologna
22 gennaio – 27 marzo 2011
Massimiliano Sabbion: La sua produzione artistica si può paragonare ad un viaggio di Alice nel Paese delle Meraviglie, si considera un bambino mai diventato adulto o un adulto che ha saputo rimanere bambino?
Fulvio Di Piazza: Il paragone sussiste in quanto nella componente ludica dei miei dipinti l’immaginario è tutto dove si trova un riferimento ad un’arte fantastica filtrata dalla storia dell’arte Un po’ come la favola che si colloca tra i bambini ma spesso il linguaggio usato non è per i bambini, come avviene con le favole dei fratelli Grimm che nascono da un sentimento molto tragico. Questa inquietudine o realizzazioni dark traspare sicuramente nei miei ultimi lavori.
M.S.: Prima di dedicarsi alla pittura ho letto dalla sua biografia che è stato batterista in una band punk-hardcore. Le sue opere nascono quindi anche da un rapporto sinestetico, connubio pittura – musica. La musica nel suo lavoro influenza il suo modo di fare arte o diventa solo un mezzo per una comunicazione associata al risultato finale con l’opera?
F. Di P.: Assolutamente si! Senza la musica io non lavoro. L’energia che la musica trasmette, anche a livello fisico, è un forza paragonabile alla scarica di adrenalina che si vive durante un concerto. Questa forza io la riporto nei miei lavori come componente inestricabile: alcune mie opere sono nate dall’ascolto della musica. Inoltre in studio con me c’è sempre la batteria che diventa sia valvola di sfogo che momento di accordo tra la pittura e l’energia che ne scaturisce.
M.S.: Quale influenza ha avuto la cultura giapponese nel suo percorso artistico?
F. Di P.: La cultura giapponese ha avuto per me un’influenza minore di quello che si pensa…
È la critica che vede nei miei lavori molta influenza giapponese, tutto è nato in maniera spontanea, io parto dal Barocco siciliano che sento insito nel mio DNA, dove lo stupore, il cromatismo acceso e il senso scenografico della composizione è parte del mio bagaglio di nozioni. Più che di cultura giapponese parlerei di filosofia zen dove il paesaggio e l’uomo convivono in un unicum.
Sento vicino alla cultura visionaria di artisti come Magritte, Ensor, e di conseguenza alla mia produzione, il giapponese Hayao Miyazaki che definisco un artista di arte contemporanea più che cartonista in quanto crea, attraverso i cartoni animati, delle immagini complesse e a tratti inquietanti.
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