La rivalutazione del proprio territorio parte dalla riscoperta e dalla cultura, è un dato oggettivo che porta alla considerazione di come un popolo possa farsi forte del proprio passato aumentando di valore la propria personale storia per un futuro sempre attivo.
Capita di sovente che si finisca l’errore di dimenticare “chi siamo” o, al contrario, di esaltare troppo la propria gloriosa storia arrivando a compiere in entrambi i casi errori irreparabili.
Concentrati solo sulla salvaguardia di monumenti, edifici e memoria si arriva a porre attenzione solo su ciò che ha reso importante e fondamentale il luogo valorizzato arrivando in qualche modo a spaventare ed allontanare qualsiasi forma di cultura contemporanea perché non consona al contesto.
Il passato serve per ricordare, ma è fondamentale anche per gettare le basi di un presente che si proietta verso il futuro. Pensare di concentrare solo le attenzioni a ciò che è stato porta a non guardarsi attorno, a non accorgersi che il presente di oggi sarà poi il passato di domani e molte occasioni possono andare sprecate e finire nel dimenticatoio.
Lo stesso discorso è palese poi nell’affrontare la cultura contemporanea quando ci si concentra, a volte toppando, solo su mode del momento, giovani senza speranze, situazioni improbabili e ben presto scordate, questo a scapito poi della propria identità storica. Concentrarsi sul futuro non è solo forma utopistica, è voler sognare oltre il presente, ma se non si pone l’accento sul chi siamo stati come si può avere la pretesa di sapere chi siamo ora e chi saremo?
Ogni buco fatto sul terreno nasconde un passato storico, ogni graffio sul muro di vecchi palazzi rivela nuove scoperte, ogni segno del passato si imprime quindi nella pelle odierna, ma non tutto ciò che è passato serve alla memoria collettiva.
Se per dar credito alle cose si deve per forza mettere sotto teca e protezione qualsiasi crepa prodotta dal tempo allora si arriva a pensare ad un egocentrico fanatismo storico e questo non porta nessun valore aggiunto, nessuna vera valorizzazione di ciò che conta.
Idem il troppo concentrarsi sul contemporaneo con la nascita di spazi o di architetture che cozzano con il paesaggio e con la storia stessa, tutto si concentra a favore invece di un altro tipo di egocentrismo fanatico che non si dichiara certamente a favore del passato, ma solamente di puro narcisismo di qualche archistar o amministrazione pubblica compiacente.
Che cosa fare allora? Da quale parte stare? Concentrarsi e valorizzare il passato o proseguire con il nuovo che avanza?
Forse davvero il giusto compromesso sta nel mezzo, perché dimenticare il passato? Perché soggiogarci solo al presente? Le due realtà possono convivere perfettamente come la concretezza dei fatti insegna, prendiamo ad esempio la città di Venezia, unica al mondo nel suo genere, spettacolare nella sua moltitudine variegata di storia, arte e cultura, ma che ha saputo concentrare la sua attenzione anche con l’apertura al mondo contemporaneo creando eventi che sono di sicuro richiamo e hanno un respiro di risonanza internazionale quali la Biennale d’Arte, la Mostra del Cinema, la Biennale di Architettura.
Un esempio di come coniugare presente e passato in un’unica soluzione, senza il trascorso avvenuto, senza le basi gettate, senza la costante curiosità e voglia di provare e andare oltre la stessa Venezia non sarebbe rimasta in piedi.
È una città che poggia la sua forza sull’acqua, sulla quale fluttuano sogni e idee, dove il supporto iniziale è la potenza delle idee che non si arenano e infrangono, ma continuano presenti oggi, future domani.
Per questo per rivalutare un territorio è importante concentrarsi e conoscere la storia, apprezzare quello che nel passato è stato fatto, errori compresi, salvare e rispettare quello che è avvenuto, ed è altrettanto fondamentale educare le nuove generazioni al rispetto e alla salvaguardia del proprio sito.
Tutto questo serve e servirà a capire come senza ciò che c’è stato alle spalle non ci possa essere uno sguardo che si proietta avanti, verso altro, verso quel domani che, quando lo si vivrà, vedrà noi e le nostre imprese da un lato come qualcosa di già passato e vissuto, dall’altro come i semi per ciò che verrà.