Pubblicato il 04 luglio 2017 in http://vecchiatoart.blogspot.it
Ogni giorno, ogni ora, ogni istante della nostra quotidianità si è stimolati visivamente da immagini e da input che solleticano il nostro cervello con mille emozioni e pensieri.
Dal suono della sveglia al mattino con l’occhio che cade subito sul cellulare a controllare le pagine dei vari social network, con un insieme di foto e immagini che scorrono in Facebook e Instagram, alla colazione fatta sfogliando un giornale o guardando la tv per poi uscire e rimanere attoniti di fronte ai numerosi cartelli pubblicitari disseminati per strada, sugli autobus, nei volantini appiccicati al vetro dell’auto in sosta, mail che arrivano sul cellulare, immagini di gattini e albe che danno il buongiorno spediti via whatsapp…
È un insieme eterogeneo di cose dove nulla è lasciato al caos (si si, caos e non caso!), bombardati in questa nuova società fatta di provini e reality dove uno su mille ce la fa e gli altri si scatenano come leoni da tastiera con l’amaro in bocca perché è più facile dare la colpa agli altri che imputarsi un fallimento, un’instabilità emotiva che va di pari passo con una precarietà professionale.
Un passo falso e tutto si scatena in altre immagini e altre visioni, un passo giusto e si è nuovamente al centro dell’attenzione, tutto si rappresenta e tutto diventa rappresentazione e così fino alla fine del giorno quando i pungolamenti visuali ci accompagnano fino all’ultimo, fino a chiudere gli occhi e rielaborare il tutto attraverso i sogni.
Come può quindi un artista emergere in mezzo al caso fortuito (si si, caso e non caos!) da cui può nascere un’idea? Per un attento osservatore della quotidianità “guardare” non è “vedere”, si è sempre attenti a ciò che guarda, perché si presuppone che un minimo di attenzione arrivi e sia regolata da un percorso visivo stimolato e imparato con il tempo: più si guarda meno si vede e più si apprende.
Il rischio di cadere nel plagio o nel copiare qualcun altro esiste, ma oggi più che mai le molteplici discipline visive hanno portato ad una bulimia di forme, di colori e di idee che si mescolano globalmente finendo per oberare gli spazi e i tempi di diffusione: a volte tutto si brucia, altre si perdono, difficile rimanere al passo.
È importante per un artista, per un creativo, lasciarsi andare e restare piacevolmente invischiato nelle idee e nelle immagini di altri per poterne trarre ispirazione e fonte per le proprie creazioni, così come è altrettanto fondamentale continuare con le proprie sicurezze e certezze senza mai snaturare la propria intima ricerca personale.
Innegabile quindi quel sapore di “già visto” e di “già sentito” quando ci si approccia tra le immagini e le idee, significa quindi che la creatività è arrivata alla fine? Si può decretare allora che nulla di nuovo è creato o prodotto in quanto tutto già fatto e superato? Si è vicini, ormai, alla morte dell’arte? NO!
L’arte è evoluzione continua, anche quando sembra che il mondo sia sommerso dalla crisi sociale, economica o visiva è allora che l’accento è posto sugli artisti e sull’arte tutta.
Giotto con le sue forme e lo studio di una natura viva ha cambiato la storia dell’arte così uguale a se stessa precedentemente, la forza di Masaccio ha influenzato grandi artisti quali Michelangelo, la diaspora dopo il Sacco di Roma nel 1527 ha diffuso idee e stili in tutta Europa decentrando gli artisti dalla capitale in tutti i paesi e contribuendo così alla diffusine dei nuovi linguaggi con sperimentazioni che già con il Manierismo erano avvenute.
Lo stupore del Barocco e il trionfo di quella “pasticceria” visiva del Rococò hanno dato vita all’opulenza e alla sovrabbondanza di artigiani-artisti, il Realismo Ottocentesco e le sperimentazioni Impressioniste, amate ed osteggiate aprono poi lo scenario al mondo contemporaneo che si fa curiosità, sperimentazione, provocazione, sogno, delirio, denuncia… e a tutt’oggi non si è placata la ricerca visiva.
Un esempio? Le continue Biennali d’arte in tutto il mondo, la voglia di conservare il passato, le prove continue per continuare a fare arte, parlare d’arte, giocare con l’arte.
L’arte contemporanea che vive oggi di ritorni e di ripensamenti guarda al passato e si trova, ad esempio, al centro dell’opera di Damien Hirst nell’ultima mostra a Venezia presso la Fondazione Pinault, Treasures from the Wreck of the Unbelievable, dove la fantasia, il falso storico, i miti e le leggende si sono fusi in un unicum che ha creato una traccia umana indelebile racchiusa in uno scrigno prezioso dove convivono passato e futuro, qualcosa di, appunto, Unbelievable.
Essere costantemente sotto pressione di immagini dalla mattina alla sera porta alla bulimia visiva tanto da non riuscire a distinguere reale dal falso, ma l’arte non è la mimesi del reale? Quindi non è riproduzione del vero, ma falsata visione tratta direttamente dai sogni, i sogni di un creativo.