Pubblicato il 26 aprile 2017 in http://vecchiatoart.blogspot.it
“Alcuni dicono che la pioggia è senza scopo e altri dicono che è piena di ricordi e desideri”
(Tagor Manroo)
Si spera sempre di visitare una città con il sole, con una splendida giornata che permetta di vedere le vie, i monumenti e il paesaggio circostante per poterne godere appieno e continuare poi questo viaggio anche una volta rientrati per mezzo dei ricordi, delle foto e dei souvenir acquistati.
L’evento che fa da corollario alla visita della città poi diventa qualcosa che si aggiunge in più a ciò che si vede: una mostra d’arte, un’apertura straordinaria di un luogo, un festival, una rassegna artistica o cinematografica, tutto concerne alla bella giornata di svago che ci si é concessi.
L’aria fresca, il sole, la visita degli spazi aperti, tutto perfetto, ma se in realtà a questa ideologica perfezione qualcosa si incrina? Che succede se il sole è nascosto da una improvvisa caduta di pioggia? Che cosa accade ai nostri programmi che irrimediabilmente poi finisco per saltare? Un tripudio di improvvisati ripari, di gocce che bagnano, di scarpe inzuppate, di freddo penetrante che fa sudare, di ingombranti k-way dai colori sgargianti, magari di un rosso fuoco, ombrelli tascabili che si piegano alla prima folata di vento, comprati da qualche venditore ambulante abusivo a pochi euro e tutto cambia.
Raccolti nel proprio piccolo isolato mondo, riparati sotto un ombrello solitario o condiviso, la città finisce per perdersi in un microcosmo e diventa non più affollata e caotica, ma all’improvviso si fa isolata sotto lo scrosciare della pioggia.
Allora ci si accorge di quello che ci circonda, si vedono i portici per un riparo, si viaggia più lentamente scontrandosi con altri ombrelli e si evitano pozzanghere e strade sconnesse, la luce si colora di grigio e i monumenti egli edifici cambiano colore, si scopre una nuova città.
Ed è in questo preciso momento che non si “vede”, ma si “guarda” quello che sta attorno: gli anni che sono trascorsi inesorabili sulle strade che sono state calpestate migliaia di volte da precedenti turisti, le modifiche compiute nel tempo agli edifici, le descrizioni di pensieri che hanno accompagnato le silenti statue delle piazze, il cammino che continua e non si ferma fatto dal lento passaggio dell’uomo che ha, irrimediabilmente, cancellato o rovinato, protetto o conservato tutto quello che ora si sta vivendo.
La delicatezza con la quale il nostro sguardo si appresta a conoscere lo spazio circostante in questa improvvisa e “brutta giornata” è sicuramente differente dallo splendido sole che avrebbe abbagliato il nostro percorso, la pioggia rallenta e ferma questi pensieri.
Non tutto nuoce alla visione, moderare i passi fa scorgere cose che sicuramente nessuno noterebbe: una statua bisognosa di restauro, un sampietrino da sostituire, un consunto angolo di palazzo, un’entrata nascosta di qualche via poco conosciuta, un annuncio di una mostra minore, un piccolo caffè locale frequentato da pochi e solitari pensionati che giocano a briscola, tutto ha un aspetto nuovo, poco turistico, molto umano.
La pioggia cade e ci si ritrova fermi, persi nel mezzo di una piccola piazza in cui svetta trionfante chissà quale personaggio storico, una consunta targa lo ricorda, forse è passato di qua, forse il suo nome lo si legherà per sempre a questo luogo.
E, se si è fortunati e in compagnia, il vostro interlocutore aspetterà la vostra guida, nei suoi occhi leggerete la stessa espressione di sconforto e stanchezza che ci sarà nei vostri, ma in realtà quanto ci sta di insicurezza velata ad un timor panico per non sapere dove andare e dove si è? Un consulto veloce a qualche piantina umidiccia e bagnata, un’occhiata allo smartphone che indichi la posizione corretta e poi si riparte.
In fondo non si ha voglia di rimettersi in viaggio, sarà la pioggia, sarà il silenzio che si fa rumore solo con lo scrosciare dell’acqua che produce suoni diversi a seconda di dove cade, sarà che lo sguardo d’attesa e infreddolito di chi è con voi che attende una soluzione, sarà che quel k-way rosso sgargiante e quell’ombrello da poco comprato da un venditore ambulante già si sta spaccando e poco ripara, sarà che la borsetta rossa di carta la si stringe al petto come souvenir prezioso di questa giornata, sarà che il tempo meteorologico al posto del sole ora vomita freddo e umidità e uno sguardo complice poi scalda il doppio, sarà…ma tutto è bello così perché non ci si deve mai aspettare molto da una gita improvvisata.
È un momento che resta, che si condividerà negli anni e avrà un sapore diverso quando per fortuna o per caso si ritorna negli stessi luoghi, magari col sole non si rivivranno le stesse emozioni presi dalla foga dei selfie, degli scatti curiosi, dalla miriade di persone attorno e gli edifici e i monumenti appariranno contorno superfluo di un tempo passato.
Scommetto che i grandi viaggiatori di un tempo hanno spesso voluto poca folla attorno e molte giornate di pioggia, così, per poter segnare nei loro taccuini e quaderni le impressioni di un viaggio vissuto. Un po’ come Goethe nel suo “Viaggio in Italia“, o nelle romanzate pagine di Ernest Hemingway di “Addio alle armi“, nel “Milione“di Marco Polo, nel decadentismo di Thomas Mann di “Morte a Venezia“, i ricordi migliori arrivano farciti di pensieri e di suggestioni e poi si trasformano in altrettante apparenze trasognate.
Sulla carta si fissano le riflessioni, sulla tela e negli acquerelli di un taccuino le immagini che più ammaliano, Paul Klee a Tunisi conosce il sole e il colore, un effetto pioggia al contrario, lui abituato al freddo e all’umidità del nord Europa, Claude Monet dipinge le più belle tracce di Venezia mai viste, Virgilio Guidi coglie la poesia della laguna veneta solo col silenzio del colore, Pablo Picasso dai suoi viaggi in Italia respira la grandezza e la monumentalità del passato, tutti si soffermano, tutti dovrebbero imparare a godere del caos che il silenzio fa quando quest’ultimo è chiamato a urlare nelle orecchie per chi può sentire, per chi può vedere.
Il sole o la pioggia non determinano una bella o una brutta giornata, il meteo non rovina o esalta un’uscita tra arte e cultura, è la condizione con la quale ci si appresta ad affrontare la giornata che cambia la percezione delle cose, poco importa se si torna a casa bagnati e zuppi o accaldati e sudati, ciò che più interessa è portare avanti la storia, la passione e la cultura che arricchisce.
“C’è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo” cantava Fabrizio De André, ma la pioggia non è la fine, la fine arriva quando è nella pioggia che si ha la convinzione che ci sia la fine.
(22 aprile 2015 – 23 aprile 2017)