Pubblicato il 18 ottobre 2016 in http://vecchiatoart.blogspot.it/

Da quando esistono i social network, la vox populi sembra essersi trasferita dalle parole allo schermo di un pc, di uno smartphone o di un tablet.
I punti di incontro reali sono sempre più rari nella società odierna, altri tempi in cui si pubblicizzava il “logorio della vita moderna” fatta nei bar, nelle piazze e altri punti di ritrovo, ora i social hanno sostituito le discussioni fatte davanti ad un bicchiere di vino e una partita a carte a favore invece di pensieri rarefatti in cui domina la libertà che si tramuta in parole che si digitano e si lasciano virtuali tra chat e commenti di like variegati.
Sembra ormai che il lamentio quotidiano e la critica su qualsivoglia argomento abbia preso il sopravvento al vero confronto, alla pura presa di posizione e all’opinione supportata da tesi e punti specifici.
L’arte pubblica, ad esempio, è da sempre oggetto di scherno e di giudizio: monumenti, sculture, colori e muri che ne diventano il supporto con i lavori street, dovrebbero abbellire la città e le persone che la vivono, ma accade sempre più frequentemente che questo non avvenga.
Sia mai che, grazie a queste innovazioni e sperimentazioni artistiche, si nasconda qualche monumento storico, che non si infastidiscano fazioni politiche, che non salti la mosca al naso a qualche perbenista conservatore o che si dia noia a qualche residente del caso!
Guai a portare una voce nuova fuori dal coro, attenzione a mettere in discussione il già visto con qualcosa di moderno e dal linguaggio internazionale, lungi da ogni luogo un attuale modo di parlare attraverso le forme e i colori: per mezzo dell’arte si possono compiere “omicidi” che sfasano gli equilibri assodati nel tempo.
Quante volte nasce la polemica prima del risultato? Non si ha neppure il tempo di pensare o pubblicizzare l’idea che si fa subito polemica. Si pensi alla recente opera di Christo realizzata per un breve periodo sul lago d’Iseo dal 18 giugno al 3 luglio 2016, scordando l’importanza artistica dell’intervento si è passati ad un gioco al massacro di tutti contro tutti, dagli ambientalisti, ai conservatori, alla politica, ai critici e agli artisti e a pallidi opinionisti sempre alla ricerca di notorietà, un marasma di voci!
Frequente è la moltitudine che non si ferma ai soli commenti verbali, ma prosegue oggi nel mondo social dove chiunque si sente in dovere e diritto di dare un proprio parere, spesso senza neppure sapere che cosa sta dicendo o commentando.
L’Italia è diventato il paese della polemica vagante, ovunque sorgono comitati e persone che vanno contro quello che si pensa, con la sensazione che non importa quale sia il pensiero che si obbietta, basta andar in opposizione.
Quante lamentele si sarà capaci di sopportare ancora quando si parla di arte pubblica?
Questa piazza o questo edificio non è mai valorizzato abbastanza”, ma ecco che, appena si crea qualcosa, subito dietro l’angolo c’è chi lo depreca e vi si scaglia contro attraverso lettere di sommossa e petizioni al giornale (spesso online) e commenti velenosi sotto una foto pubblicata in qualche sito, pronti a gridare al “degrado” e allo “scandalo”!
La cosa che più fa pensare in questo sistema del “non-mi-va-mai-bene-niente” risiede nella innata capacità di criticare senza vedere ma solo per “sentito dire”.
Quanti si sono presi la briga di muoversi, informarsi, leggere, chiedere spiegazioni e informazioni varie su chi sia l’artista temporaneo che porta le sue opere tra le vie, i muri e gli spazi urbani?
Ma soprattutto, quanti sono andati a vedere e a toccare con mano e con gli occhi quello di cui tutti parlano? Facile lasciare un commento e deprecare questa o quella istituzione e, magari, il costo dell’intera operazione che risiede nelle parole “eh-ma-tanto-pago-sempre-io (povero cittadino)”: sicuri che sia tutto a spese del contribuente e non un costo finanziato da artisti o da istituzioni solo per visibilità, ricerca e progetto e soprattutto piacere di regalare uno spazio nuovo alle città?
Se non si fa arte, se non la si condivide negli spazi pubblici e a disposizione di tutti diventa motivo di polemica poiché “l’arte è di tutti”, se, al contrario, non si fa nulla o al massimo la si confina in posti isolati ma istituzionalizzati, allora si è subito pronti a dire “che schifo di città dove la cultura è morta e non si fa mai niente”.
Insomma, qual è il giusto mezzo per riuscire ad accontentare tutti quanti?
Lo spazio cittadino si chiama “pubblico” perché, appunto, è di tutti e soddisfare teste, gusti e opinioni è difficile.
Valorizzare la storia, vivere il presente e pensare al futuro, forse è in questa consapevolezza che sta la convivenza di più culture e idee: pensare al passato, vivere l’oggi e gettare lo sguardo su quello che avverrà, senza discussioni, senza polemiche.
Godere della creatività e delle idee, anche se non condivisibili, pone sempre e comunque l’accento sullo spazio pubblico, magari una brutta mostra o una brutta opera risvegliano il posto e le coscienze o, al contrario, le migliorano.