Pubblicato il 20 maggio 2016 in http://vecchiatoart.blogspot.it
Parlare di arte e cercare di far comprendere le cose allo spettatore anche da un altro punto di vista, non solo emozionale e di impatto, a primo avviso non è mai semplice.
Affermazione ovvia forse ma in questo caso l’inciso iniziale ci sta per poter analizzare poi le parole successive.
Un’immagine non ha bisogno di presentazioni, si palesa attraverso le idee dell’artista che hanno preso struttura per mezzo di colori e forma, facile quindi poi “ricamarci” sopra e parlare di arte, di storia e di citazioni quando la “materia delle parole” si conosce e la si sa giocare.
Non così scontato invece far passare a tutti l’interpretazione e il proprio punto di vista così come accade, al contrario, con l’arte e le raffigurazioni di cui si descrive la potenza visiva ed emozionale.
Chi critica è visto come facente parte di una “brutta categoria” che vuole demolire ad ogni costo quello che gli si presenta davanti, un untore delle espressioni altrui, un essere pronto a fare a pezzi con la lingua e gli scritti un autore e la sua opera, un represso che non sa disegnare e per questo se la prende con chi lo sa fare.
Purtroppo “Si sa che la gente dà buoni consigli sentendosi come Gesù nel tempio, si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare cattivo esempio” insomma per dirla tutta una persona non dissimile da quella “Vecchia mai stata moglie senza mai figli, senza più voglie, (che) si prese la briga e di certo il gusto di dare a tutte il consiglio giusto” eccola qua, la citazione colta è fatta: Fabrizio de André, testo della canzone Bocca Di Rosa.
Forse bisognerebbe mettersi anche nei panni altrui e capire che sovente sono gli artisti a ricercare la critica per poter esprimere, attraverso le parole, quello che con i loro mezzi già visivamente compiono.
Le critiche e il “parlare dell’arte di…” finiscono poi per non accontentare mai tutti, bisogna non scordare che il critico è una persona che si mette a disposizione, quasi come un “traduttore visivo”, per completare e spiegare ciò che si presenta allo spettatore con un linguaggio comune a tutti.
Un testo critico serve a portare il proprio punto di vista e ad esaltare e spiegare concetti che sono nati via via che si è analizzata l’opera dell’artista. Non è sempre vero che un critico può demolire od esaltare l’arte in sé, la frase “senza di me non saresti nessuno, senza il mio lavoro non avresti ragione di esistere” vale per entrambe le tipologie, artista e critico.
Credere nel lavoro che si presenta, che sia esso scritto o artistico, è senza dubbio il primo passo da affrontare poi, le accuse, da entrambi i fronti, arrivano: a volte si ricorda più il critico che l’artista o viceversa.
Sono molte le categorie di critici e artisti così come ci sono molte specie di pubblico: ci sono quelli che urlano allo scempio artistico e alla morte dell’arte in ogni caso; quelli che esaltano l’artista perdendosi poi tra fiumi di parole e voli pindarici non ascoltando mai veramente fino in fondo le cose da dire e da recepire; quelli che qualunque cosa si dica, raffiguri o scriva non va mai bene; quelli che rimangono puntigliosi dettati dall’invidia o dal fastidio epidermico solo per presa di posizione contro la categoria citata e cosi via…
Si accettano sempre i consigli e le critiche che aiutano a puntualizzare e a costruire un percorso atto al miglioramento, si ricevono meno invece le cose sparate a caso senza nessuna consapevolezza se non quella di far vedere, in fondo, che “io sono meglio di te e avrei potuto fare un lavoro superiore”.
Per un critico, ogni critica è (anzi deve essere) benvenuta, penso che il concetto possa essere esteso e valga inoltre per ogni persona desiderosa di apprendere e migliorarsi.
L’accusa che spesso viene rivolta è che il gioco risulti facile perché chi scrive “ci sai fare con le parole” e magari l’artista risulta semplice da descrivere e senza bisogno di spiegazioni ulteriori, personalmente? Mai pensato di volerlo fare, mai voluto anche solo pensarlo.
L’arte non può essere ingabbiata nelle parole, così come la scrittura non può essere ingessata nelle regole, soprattutto non deve esserlo quando si scrive di arte.
Sintassi e grammatica rimangono le prime regole che, una volta rispettate, lasciano fluire per iscritto i pensieri…e poi? Poi si può essere d’accordo o meno con quello che viene citato e spiegato ma un pensiero non è migliore di un altro, solo differente come posizione e opinione.
L’errore più grande forse sta nel etichettare le professioni e le persone: non si nasce critico perfetto come non esiste l’artista assoluto.
Ogni colpo di cannone non sempre centra il bersaglio, si commettono falli per imparare a vedere le cose anche sotto un’altra ottica: dagli sbagli si impara o ci si passa sopra, senza compiere peccati perché se è il peccato dell’anima che separa l’uomo da Dio, allora sia il peccato dello scritto a separare il critico dall’artista.