Pubblicato l’11 settembre 2015 in http://vecchiatoart.blogspot.it
Giornali, tv, social network, pagine intere e blog vari puntano l’attenzione su quello che avviene in questo periodo che va sotto il nome di immigrazione di profughi.
Il mondo intero ne è coinvolto, questa è il sistema “globale” di trasmissione di dati, di culture e di umanità a cui non si può rimanere indifferente e non farsi coinvolgere.
È passato un secolo dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale e il mondo sembra aver azzerato ancora una volta le distanze.
È la “guerra moderna” che ha cambiato il volto del mondo e che coinvolse stati e paesi, culture e persone, un modo di pensare e di mettersi in gioco invocato dall’arte e dagli artisti in nome di un cambiamento: “Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore” (Manifesto del Futurismo, 20 febbraio 1909), poi il mondo non sarà più lo stesso…
Sono trascorsi cento anni dopo la Prima Guerra Mondiale, tredici anni dopo l’attentato alle Twin Towers l’11 settembre 2001 e in mezzo altre guerre disseminate da odio, razzismo, paura del diverso, e poi? Poi si giura che non ci saranno più gli errori del passato e invece… ritornano, si ripetono e l’uomo disimpara dal passato.
Si invoca la pace, la pietà e si scade nell’ovvio buonismo creando monumenti, commemorazioni, opere d’arte, un solo esempio fra molte: “Guernica” di Pablo Picasso.
La storia non dimentica, l’arte testimonia o si fa partecipe degli eventi e quindi di getto basta pensare a qualche secolo prima come la guerra abbia gettato le basi poi per altri mondi e modi di vedere diffondendo nuovi linguaggi o accentuandone altri già in uso.
Dai biblici esodi attraverso il deserto del popolo ebraico alle invasioni barbariche che decretarono la fine dell’Impero Romano, le genti spostano pensieri e culture da un estremo all’altro del globo.
Una data fra tutte, il 1527: l’anno del Sacco di Roma, dove la città papale viene invasa dai Lanzichenecchi responsabili della diaspora degli artisti che fuggono in tutta Italia portando cosi il linguaggio manierista e cinquecentesco a macchia d’olio in tutto l’occidente.
Balzando poi nel corso del Settecento con artisti come Eugène Delacroix e Antonio Canova che piegano la loro arte al servizio dei potenti, cosa non nuova nel passato delle Signorie ma dal sapore di libertà delle arti e di pensiero alla faccia di chi detiene la supremazia e la forza.
Come non ricordare le propagande novecentiste che servono il potere ma, viceversa, anche lo stesso potere che si serve degli artisti e dei movimenti, basta citare il Realismo e il Novecento, i concorsi Littori del fascismo, il Futurismo, le decorazioni e le architetture di artisti quali Mario Sironi, Giò Ponti, Arturo Martini, Massimo Campigli, il gruppo di Corrente con Renato Guttuso e Ernesto Treccani, solo per restare nel territorio italiano.
José Clemente Orzoco, Diego Rivera e Siquierios pittori del social-realismo messicano, il realismo russo, la propaganda del sogno americano di Norman Rockwell.
L’arte usata apostolato anche da chi la rifiuta e la distrugge come avviene per l’Isis e i suoi fanatici adepti che vendono, dilapidano, distruggono le opere simbolo del bene comune e testimonianza del passato dell’umanità.
Le immagini dei fotografi di guerra diventano l’affresco del contemporaneo e moderno mondo che fissa in un istante l’orrore e l’errore dell’uomo, nomi quali Robert Capa, Nick Ut, autore della foto della bambina colpita dal napalm in Vietnam, fino alla recente foto simbolo di questi giorni scattata dalla fotografa Nilufer Demir del piccolo siriano, Aylan, morto durante la traversata in mare per scappare dalla guerra in Siria.
Immagini, video, opere, parole e omissioni tutto per un mea culpa mediatico che si sussegue tra pietà e rabbia, come lo sgambetto della reporter ungherese ai migranti in fuga dal campo di Roszke: cade a terra l’uomo, cadono a terra i principi di solidarietà, cade la condivisione e la comunicazione sociale, ora si fugge da una guerra, si cerca la speranza, la vita.
È la vera guerra moderna quella che si presenta ora: dal territorio si scappa, non si combatte per difendere la propria casa, si combatte per sopravvivere e si cerca il senso della globalità mondiale attraverso nuove migrazioni e contaminazioni di culture e pensieri. Si combatte a colpi di tv, di fotografie, di video condivisi in Facebook e Instangram, di Tweet: tutto alla portata di tutti, nessun occhio od orecchio può essere smentito e nascondersi di fronte all’evidenza.
Fazioni politiche, destra o sinistra non esistono, è l’Uomo il centro dei pensieri universali, un moderno Rinascimento dove tutto gli ruota attorno e si scatenano i sentimenti più animali e basilari fatti di odio, amore, rabbia, paura.
Gli artisti testimonieranno visivamente quello che il pensiero comune vede e sente e allo stesso modo si insceneranno le basi delle opere da qui ai prossimi anni, sempre fatte con odio, amore, rabbia, paura e sorgeranno monumenti, quadri, video, foto, sculture, Biennali, mostre, esposizioni in cui tutto sarà esposto a ricordare come ancora una volta l’umanità precipita negli stessi errori aggiungendo un tassello in più alla storia e alla vita.