Pubblicato il 19 agosto 2015 in http://vecchiatoart.blogspot.it
PARTE III
“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”
(Marcel Proust)
E dopo tanti avvertimenti ecco che arriva, squarciando il brusio all’interno della mostra, l’urlo: NO CELLULARI, NO FOTO, come già ricordato, stancamente e infinitamente, dalla signorina della biglietteria, dalle guardie di sicurezze, dall’addetta al guardaroba e dal controllo biglietti.
Si, qualcuno ha fatto uso del cellulare, è partito un flash, una foto rubata, qualcun altro non risponde ad una suoneria che riecheggia in tutta la stanza, forse per vergogna e non certo sopito e preso da una qualche forma di sindrome di Stendhal, è la guerra della tecnologia che si impossessa delle persone e della mostra.
Per carità! Non voglio passare per quello che si lamenta, ma spesso queste manifestazioni sono troppo condensate di gruppi, di confusione, di sale gelate o surriscaldate che fanno scappare “il pubblico pagante”, mi vien da pensare che sia una strategia apposita per non far accalcare e fermare le persone nelle varie sale e che la fiumana scorra irrimediabilmente lenta verso l’ultima sala, verso l’uscita.
A mano a mano che si prosegue, si notano le pecche e la delusione che pervade l’allestimento generale, faretti che sparano luce sui quadri rendendo evidente parti troppo illuminate e altre in ombra, gli esperti dicono che si crea l’atmosfera, dicono che si concentra lo spazio visivo, dicono che si valorizzano le forme, dicono si esaltano i colori, non si vede un cazzo! Dico io…
I cartigli sono poi posizionati o sotto al capolavoro, con il rischio di far scattare allarmi e sicurezza e di togliere la visuale alle persone che lo stanno vedendo, o talmente a lato che quando ci si avvicina alla tela o alla scultura poi non si ricorda neppure il titolo e la data dell’opera.
Perché poi queste “etichette” non sono bilingue? Almeno in inglese, sarebbe un segno di apertura e civiltà globale scrivere il cartiglio in due lingue.
Immancabili come gli “auguri a te e famiglia” a Natale e come le granite d’estate arrivano poi i “silenziatori”, spesso nella figura dei guardiani di sala che con i loro “sssssssssssh” ricordano che non siamo al mercato, non siamo in diritto o dovere di parlare anche sottovoce e commentare le opere, non dobbiamo, insieme a NO CELLULARI, NO FOTO, dimenticare che siamo sempre osservati e sottocontrollo.
Penso invece che non siamo neppure in un luogo sacro che impone il silenzio assoluto, il rispetto sì ma se mi vedi parlare sottovoce con afona parola che esce dalla mia bocca non azzardarti a dirmi “sssssssssssh” nelle orecchie, non sto complottando la Terza Guerra Mondiale, sto solo cercando di emettere a voce un mio pensiero critico, un’opinione, un confronto, un’idea, in rispettoso silenzio con la voce della cultura, non vendo pesce al mercato!
Diceva George Bernard Shaw: “Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela ciascuno. Ma se tu hai un’idea, ed io ho un’idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee” ma se tu, caro “silenziatore” sei una palla al piede e io mi sento con una palla al piede e ce le scambiamo alla fine abbiamo entrambi due palle, due palle ai piedi (…e non solo…), per due motivi: per me che mi sento oppresso e per te che sei invaso dal potere e ti senti in diritto di silenziare ogni mio pensiero.
Il proseguo non diventa facile e la voglia di uscire e “ma perché sono venuto qui oggi?” si fa sempre più pressante, ma alla fine arriva Lui, insieme a Lei e ti colpiscono, studiano, guardano e sono sempre stati lì, ad aspettarti e perdoni allora tutto: l’attesa, gli sconti non goduti, i ritardi, i silenziatori, la folla.
Per Loro hai fatto strada e speso tempo e non puoi che bearti con loro e di loro prima che arrivi un altro NO CELLULARI, NO FOTO e un altro “sssssssssssh” o altre stupide scolaresche e gruppi soffocanti.
Lei, l’Arte, ti ha accarezzato e aspettato e Lui, il capolavoro inatteso c’è, e si mostra, esposto agli occhi di tutti, ma solo tuo in questo preciso momento. Magari qualcun altro la sta pensando come te ora e dice a volta alta “Eh si ne valeva l’attesa e il prezzo del biglietto”.
Esatto. Non importa che tu sia scultura, pittura, performance, video o cosa, sei l’Opera d’Arte uscita e partorita da qualche mente del passato o contemporanea, esposta perché susciti un’emozione in te, quella che poi ti porterai a casa, come souvenir personale.
Passeranno davanti a Loro i ragazzini confusionari, gli anziani che cercano di capire quale sia il tasto del volume per ascoltare meglio, il marito annoiato, il bambino moccolone, la signora “disabbinata”, magari indifferente a quello che pensi o provi tu in quel momento ma che importa?
È solo tua l’emozione ora.
Il tempo per distarti e sederti nei divanetti ci sarà, tempo per riprenderti dalla fatica della giornata, pensare a cosa fare poi dopo la mostra, quale posto scegliere per andare a mangiare, le foto da fare da pubblicare poi su Facebook cosi dimostri a tutti che “tu sei stato qui”.
Ti divertirai poi a vedere l’umanità raccolta e differente all’interno delle sale: signore che hanno l’età e il profumo addosso del tempo passato, giovani con tattoo e piercing, stranieri di paesi lontani affascinati da tutto ciò che è diverso e nuovo alla loro cultura, bambini innocenti che giocano tra di loro sviluppando fantasie annoiate. E poi ancora, gli immancabili spettatori assorti con audioguida sbagliata davanti al quadro sbagliato che cercano l’immancabile “tavolino con fiori sull’angolo destro” davanti ad un paesaggio campestre, l’intellettuale chic (gay o meno, l’orientamento sessuale non conta) riconoscibili perché spesso indifferenti e spocchiosi con la copia del quotidiano liberale sottobraccio e la guida nell’altra, il modaiolo che si vede tutte le mostre e le manifestazioni e che ad un apericena poi ti canticchia nelle orecchie “devi-assolutamente-andarla-a-vedere”, i volontari tra le sale composti da signore con la messa in piega fresca e nonni-vigili strappati al traffico a guardia delle sale, le coppie di innamorati che suggellano i loro cuori davanti ad un’opera eterna: tutta una serie di categorie di spettatori che finiscono per passare davanti agli occhi e davanti all’Arte.