Pubblicato su il sito http://www.lavalvola.it intervista di Fausta Anello
Per essere formali vi dico che Massimiliano Sabbion è un 40 enne padovano critico e storico dell’arte, ma per introdurvelo al meglio preferisco riportarvi direttamente le sue parole; recuperate dal suo sito www.maxiart.it :
“Potrei definirmi un appassionato d’arte, ma in realtà la definizione corretta è che sono una persona che VIVE D’ARTE, sia come mezzo di sostentamento (ci si prova!) che come ragione di vita. … Testardo, a volte cinico, puntiglioso, ordinato e caparbio i miei difetti che si compensano con loquacità, simpatia, ironia e curiosità tra i pregi.”
Un personaggio fuori dal comune con tante cose da dire e da scoprire, a voi l’intervista!
• Chi è Massimiliano Sabbion?
Consultando il tuo sito si intuisce immediatamente che sei uno storico e critico d’arte, innamorato dell’arte, soprattutto di quella contemporanea.
La peculiarità che salta subito all’occhio è la tua intraprendenza: aggiorni costantemente il tuo sito con diversi articoli, anche con delle “pillole d’arte” chiamate 5 minuti al MAXI, che catturano il lettore, hai collaborato tra le altre cose con l’Università di Padova e tieni anche dei cicli di conferenze su arte contemporanea. Come fai a mantenere tutti questi impegni?
Come faccio a mantenere questi impegni? Forse grazie alla forza e alla voglia di non fermarmi mai perché, proprio come quando ci si innamora e ti dai tutto a chi ami, non mollo la presa e voglio stupirmi e stupire ogni giorno con le passioni e l’amore, appunto, per l’Arte.
Mi definisco Storico per la preparazione accumulata nel corso degli anni e per l’impostazione ricevuta attraverso il mio percorso di studi e i miei insegnanti che mi hanno aiutato a capire chi sono e cosa voglio, critico lo sono diventato imparando piano piano e con tanta gavetta a riconoscere gli artisti, le scuole di pensiero e a confrontarmi con il mondo dell’arte contemporanea italiana e internazionale.
Adoro la scrittura, adoro parlare, adoro comunicare!
Ecco perché aggiorno il mio blog www.maxiart.it con articoli, recensioni, opinioni, dietro le quinte e “pillole d’arte” che arrivano direttamente come pensieri al punto: da qui è nata la rubrica 5 minuti al MAXI, cinque minuti di libertà visiva che si esprime in poco tempo riassumendo il mondo contemporaneo con video, immagini e parole.
Mi piace incontrare le persone e capire il punto di vista sull’arte da parte di ognuno: chi ama l’astratto, chi il figurativo, chi la pittura, chi la scultura, chi critica tutto!
Per questo quando faccio lezioni o conferenze mi piace introdurre il tempo che si trascorre insieme come “discussioni”, incontri costruiti come un dialogo fatto insieme al pubblico.
• L’ultimo di questi incontri ha riguardato la pubblicità in relazione all’arte, ce ne parli? Il pubblico ha reagito bene? Mi interessa la tua impressione perché notoriamente l’arte contemporanea, quella più vicina a noi, è difficile da far capire e amare …
L’impostazione delle mie discussioni non ha un taglio artificioso, non sono rivolte a nessuno che debba “imparare” qualcosa, non sono investito di insegnamento accademico né ho la pretesa di insegnare ma ho voglia di trasmettere qualcosa, quello si.
Per questo quando mi avvicino ad un percorso di storia dell’arte cerco di farlo in maniera nuova, usando un linguaggio fresco e alla portata di tutti, spiego e “contagio” le persone presenti con tematiche nuove che mi servono a condurre un viaggio per il tempo con cui si sta insieme.
Ecco perché propongo viaggi mentali nel mondo dell’arte con contaminazioni e percorsi diversi: parlare di arte e della storia dell’arte attraverso il meccanismo della pubblicità, ad esempio, è stato interessante per me come sfida e per chi ha partecipato capire quali fonti e contagi ci sono stati.
Il pubblico? Beh si, a mio avviso ha reagito bene davanti alla lettura di opere d’arte dalla fine dell’Ottocento fino ai giorni nostri con una carrellata di immagini legate alla memoria visiva di ognuno passando in rassegna artisti come Henri de Toulouse-Lautrec, Pablo Picasso, René Magritte, Andy Warhol, Mario Schifano, Osvaldo Cavandoli, Chris Cunnigham, David LaChapelle, Michel Gondry fino alle esperienze di Carosello e alle contaminazioni di Oliviero Toscani.
Immagini e video hanno poi dato un tocco in più all’esperienza che si è risolta poi con un dibattito che si è automaticamente aperto tra i partecipanti su cosa sia arte e cosa pubblicità, due mondi che si incontrano e si scontrano arrivando a vedere artisti pubblicitari e pubblicitari artisti, in un’era in cui la vendita di sé e dei propri prodotti invade l’immaginario comune, entrambi i mondi valicano i confini.
Mi scontro spesso con persone che dicono: “Ah io di contemporaneo non ci capisco nulla!” oppure liquidano l’arte di oggi con: “Che ci vuole a farlo? Pure io ci riuscirei!”, il mio “compito” diventa quindi quello di parlare alle persone direttamente per via emozionale facendo capire che gli artisti di oggi saranno gli storicizzati di domani e che quello che si chiede non è la comprensione immediata ma il tempo, così prezioso oggi, per capire, comprendere e fermarsi a decretare che un artista è un tramite per trasmettere segni e pensieri di una società in continua evoluzione tra social network, globalizzazione e abbattimento di confini fisici.
Spesso manca la voglia di mettersi in gioco, la curiosità di fermarsi e di penetrare quello che si ha davanti agli occhi: tutti vogliono tutto e subito, senza fatica, senza aspettare.
Ci vuole tempo e calma e soprattutto voglia di mettersi in gioco, poi se non la si comprende subito questa ”arte contemporanea” ci sarà in futuro chi lo farà.
In fondo, i primi Impressionisti nel 1874, esposero per la prima volta in uno studio-mansarda dimenticati da tutti, oggi si organizzano pullman e gite per andare alle loro mostre…
• Hai curato e curi moltissime mostre, tra le ultime quella dello Street Artist Tony Gallo.
Se si organizza una mostra dedicata a uno Street Artist, vuol dire che, forse, l’arte di strada sta ottenendo il giusto riconoscimento anche in una realtà come quella di Padova, meno all’avanguardia rispetto a Milano e Bologna?
La curatela della mia prima mostra è avvenuta tempo fa quasi per caso, quasi come assistente più che curatore e mi è piaciuta l’esperienza fatta! Così ho deciso di riprovare e ho pensato che “diffondere” il mio amore per l’arte poteva diventare anche quello di progettare, allestire e curare mostre per artisti storicizzati e giovani emergenti.
Il curatore è un po’ il regista della situazione e a lui si rifanno le persone che lavorano a costruire il buon esito di una mostra: l’artista in primis, gli allestitori, gli addetti al catering, i referenti per la comunicazione, il grafico… si impara a girare con all’interno della borsa un cellulare sempre carico con possibilmente abbastanza giga per la navigazione internet, metro e matita, appunti e contatti, voglia di fare e sorrisi, sempre, in ogni circostanza… anche se a me piace più la critica ed parlare, capire ed entrare nel vivo delle opere.
Tony Gallo è un artista che seguo e con il quale c’è rispetto e stima reciproca, in pochissimo tempo, grazie alla sua geniale capacità e intuizione, ha saputo cogliere il momento giusto di quello che sta avvenendo nel mondo contemporaneo fatto sempre più di Street Art e di “segni” lasciati sui muri della città.
Il mio incontro con l’artista padovano è avvenuto quasi per caso attraverso Instangram: le sue cose mi sono piaciute, lui ha letto i miei pezzi e ci si è poi incontrarti per caso (io pensavo fosse inglese e lui pensava di me che fossi francese di passaggio a Padova!), poi per mezzo di una mostra nata in pochissimo tempo, sotto la cura di Enrica Feltracco, con cui è nata anche una bella amicizia oltre che una collaborazione, ci siamo ritrovati a fare il punto della situazione sulla Street Art locale.
Credo che parlare oggi di punti e luoghi come Milano o Bologna, in quanto grandi città e sedi di fermento artistico, punto di riferimento artistico e culturale sia indubbio ma realtà minori come Padova o altre città non hanno nulla da invidiare agli street artist delle grandi metropoli.
Il messaggio si diffonde in maniera globale anche attraverso l’abbattimento di frontiere e app negli smartphone e pc che trasmettono idee, emozioni, pensieri e opere.
Il fermento locale del mondo patavino fatto da Tony Gallo e altri artisti comincia ad essere riconosciuto e apprezzato come segno distintivo di una generazione che vuole comunicare ed essere riconosciuta.
• Approfondendo il tuo ruolo di curatore, come si fa a distinguere chi ha del potenziale, cioè la stoffa dell’artista, da chi ne è del tutto sprovvisto? Penso, non siano valutazioni semplici.
Il discorso vale in generale per chiunque si mostri al pubblico con la sua attività, ma quando un artista chiede di essere giudicato e valutato per il suo lavoro, deve essere pronto prima di tutto ad esporsi alle critiche e anche ai “No, grazie!” che si riceveranno.
L’esperienza mi ha aiutato con il tempo a capire, senza avere la pretesa di individuare o meno l’artista vincente dal mio punto di vista, chi vale e chi no, chi sa manifestare cose nuove e idee e chi no.
Da studente universitario ho lavorato come assistente in una nota galleria di arte contemporanea (Perugi Artecontemporanea) ed ho imparato molto vedendo ogni giorno artisti affermati e giovani emergenti: a me piacevano tutti ma il gallerista piano piano mi ha spiegato la differenza tra chi canta e chi canticchia. Cosa vuol dire? Ti riporto l’esempio: a me piace, come tanti, ballare e canticchiare ma non lo farei mai in modo professionale perché mi mancano le basi, lo studio, il confronto e anche se mi so muovere bene o sono intonato non potrò mai essere un ballerino o un cantante.
Ma nulla mi vieta di dire che questo mio canticchiare o ballare mi dà gioia e piacere.
La stessa cosa vale se la si rapporta con chi vuole proporsi come artista: spesso saper usare e accostare i colori o lavorare i materiali non fa di te un artista. Bisogna non offendere mai la sensibilità delle persone e il piacere che esse provano nel fare arte ma aiutare a comprendere che non sempre una tela dipinta è un’opera d’arte.
Chi invece ha del potenziale e lo esprime coraggiosamente con le idee e con le intuizioni giuste lo capisci subito, senza giri di parole perché è attento ai cambiamenti e alle cose che lo circondano
Allora il consiglio poi che solitamente do è uguale sia per gli uni che per gli altri: ti dà piacere? Ti procura soddisfazione? Non smettere mai.
Inoltre è importante conoscere e vedere quello che fanno gli altri, ci sarà sempre una persona più brava e migliore di te, impara da lei!
Andare ai convegni, alle mostre, conoscere artisti, critici, persone aiuta ad aprire gli occhi e a valutare così anche il proprio lavoro in forma autocritica. Se poi dieci persone dicono la stessa cosa contro di te… beh non intestardirti e dare la colpa agli altri, non fare come il matto in autostrada contromano che non si trova nella giusta direzione: sii obiettivo.
La voglia di fare non deve mai mancare, senza creare false speranze o nutrire mostri nascosti: parla, chiedi, confrontati.
• E ora, una domanda per così dir un po’ scomoda: hai un piano b? dal punto di vista lavorativo, intendo.
Mi spiego meglio, in questi anni purtroppo si sta diffondendo sempre più l’idea che con l’arte, con la cultura “non si mangi”, sicuramente pensiero errato, ma tu sei riuscito a far della tua passione un lavoro fisso, stabile?
Sfatiamo il mito del “posto fisso”, che ormai non fa più parte delle generazioni nate successivamente dopo gli anni Settanta, il mondo di oggi è in continuo cambiamento e nulla si può programmare, in primis il lavoro.
Con la cultura si fatica, questo è un punto sulla quale penso ci si trovi tutti d’accordo…
Il nostro Bel Paese non incentiva la cultura e l’arte, abbiamo ormai da anni perso la centralità di polo culturale e si lasciano andare le vere risorse del Paese in rovina investendo poco, credendo poco, lucrando molto.
Si dovrebbe fare di più ma i tagli governativi dimostrano che l’interesse primario è rivolto ad altro e allora basta mettere fuori il naso in qualche nazione estera che manca di tesori e arte come il nostro e si vede che, nonostante siano poche le risorse e l’offerta, gli altri sono riusciti a creare un valore aggiunto nei propri siti.
Quindi è davvero difficile sopravvivere con l’arte e la cultura ma se “il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare”!
C’è sempre bisogno di qualità e di cultura e prima o poi si emerge se si ha costanza e voglia di fare. Io collaboro ora con Assessorati alla Cultura di diversi comuni, con Fondazioni private e case editrici, seguo un blog tutto mio dove posso scrivere ed esprimermi, come storico e critico sono chiamato da diverse gallerie tra le quali la galleria padovana Vecchiato Arte che nel tempo mi ha dato molto spazio e possibilità di comunicare attraverso i suoi artisti e la scelta di altri che sono rappresentati ora nella loro sede.
Insomma ora come ora si, riesco ad avere un lavoro che mi piace e che mi dà la possibilità di vivere ed essere “serenamente preoccupato” per il futuro come tutti!
• In qualità di insegnante, vista la tua esperienza regressa, che consigli daresti ai giovanissimi, con la passione, la creatività e la voglia che contraddistinguono te, di seguire il tuo percorso?
Mi fu regalata una frase di Seneca il giorno della mia laurea: “Vuoi essere felice nella vita? Studia” che nel corso del tempo ho ritrovato in versione moderna dipinta su un muro: “Fotti il sistema: Studia!”.
Ecco, appunto. Studiare! Forse il migliore dei metodi per arricchire se stessi prima che eventuali finanze personali, avere passione e creatività non sono gli unici sistemi e spesso non bastano, bisogna non arrendersi mai ma cambiare con i tempi, adattarsi, creare contatti, girare, comunicare, vedere cose nuove e gente, fare tesoro di tutto e soprattutto essere sempre molto molto molto curiosi e ironici perché ridere di sé e della propria vita aiuta.
Il nostro Paese, purtroppo, ci tiene ai titoli ma non trinceratevi dietro ad un pezzo di carta e ad un buon voto perché entrambi non quantificano una persona, non mi è mai importato nulla di essere chiamato Dottore, Professore, Storico, Critico, Eccellentissimo… ma di dimostrare ciò che sono e ciò che valgo, anche a costo zero, anche sacrificando moltissimo in termini economici e di sforzi.
La mia è una famiglia umile e ho sempre lavorato molto per mantenermi agli studi e anche dopo, prima di trovare la mia strada, tutto fa esperienza: dal lavoro in fabbrica, al volontariato, al call center, alle guide turistiche, al contabile, al progettista creativo, al bibliotecario, al commerciale, al commesso in negozio, all’insegnamento, ai corsi seguiti.
Poi lo studio e la passione hanno avuto la meglio.
Nell’esperienza fatta come assistente all’università quando gli studenti che seguivo in tesi dopo la laurea mi chiedevano: “Prof… e ora che faccio?” Io rispondevo sempre: Vuoi essere felice nella vita? Studia”.
Mettetevi in discussione, scegliete la strada che fa per voi ma importante è crederci e non pensare che solo chi ha fortuna ce la fa, ci vogliono anche le doti e la forza di alzarsi dopo ogni caduta, dopo ogni umiliazione, dopo ogni sconfitta.
Inventarsi e reinventarsi, senza arrendersi perché un sogno, se lo accantoni, poi ritorna a galla e non c’è cosa peggiore che entrare nella propria vita con l’odore di sogni stantii e andati a male….
• Concludendo ti chiedo una curiosità personale: qual è il tuo fumetto preferito?
Probabilmente questa domanda non c’entra nulla con i temi trattati precedentemente, ma ho scoperto che abbiamo un altro interesse in comune, oltre alla storia dell’arte, appunto, il fumetto.
Io sono una fan scatenata di Dylan Dog, “eroe moderno” con una marea di fobie. Tu invece di chi…?
Invece certo che ha attinenza! Eccome! Sono figlio di questi tempi che è cresciuto con i fumetti, con i manga e con gli anime e le mie battaglie le ho vissute con i cartoni animati in tv contornato da robot spaziali e povere orfanelle alla ricerca di se stesse.
Ovvio che il fumetto quindi è entrato di prepotenza nelle mie letture preferite!
Ho amato la sensualità e il segno moderno di Guido Crepax e la sua Valentina, un mito di erotismo e genialità intraprendete, leggo ancora Andrea Pazienza perché con la sua rabbia e la sua esplosione creativa lo sento molto vicino: comincio mille progetti, li completo, altri poi li perdo o li accantono.
Mi piace molto, come appuntamento fisso mensile, il fumetto della Sergio Bonelli Editore ”Julia”, perché ha le fattezze delicate ma nervose e forti di una delle mie attrici preferite, Audrey Hepburn, e un poco mi rispecchia nella sua indagine di sé.
È una criminologa che ama il suo lavoro e vive sola in una casa in una città americana, Garden City, città inventata simile a molte altre, in perenne conflitto con se stessa e i suoi incubi che la perseguitano solitamente in maniera macabra la notte.
È innamorata dell’amore e spesso la sua solitudine accentua la sua malinconia che trasmette quasi quotidianamente attraverso lettere e diari: un bisogno di lasciare un graffio, un segno scritto per capire chi è e dove la vita la sta conducendo.
La famiglia rimasta è composta da una sorella modella sempre in viaggio e una nonna che vive in una casa di riposo: sono gli unici legami con il passato, con l’epopea di ricordi nella quale spesso si rifugia, bisognosa di staccare dal crimine e dal lavoro.
In lei e in molte sue tematiche mi ci ritrovo e leggendo un fumetto come forma d’arte ritrovo la mia vita, ad arte, con l’arte e per l’arte.