Pubblicato il 5 marzo 2016 in  http://vecchiatoart.blogspot.it

Quante volte sarà capitato di andare a visitare una mostra, una galleria o un museo e di trovare gli spazi in cui ci si ritrova a definirli “poco adeguati”? O sono troppo dispersivi o al contrario troppo angusti.
Riduttivo, è il termine che si usa per definire le stanze affollate e ammassate di persone che tendono i colli verso l’alto per poter scorgere quel-quadro-tanto-famoso per cui tutti sono in coda; riduttivi, sono i corridoi stretti con comitive da superare.
Ci si trova magari in mezzo a sale troppo fredde o troppo calde, spazi troppo piccoli per contenere le opere o troppo grandi in cui ci si perde e che lasciano un senso di vuoto da colmare.
Il quesito poi è quasi sempre unanime: è meglio avere strutture costruite ex novo o vecchi palazzi riadattati a sale espositive? Insomma, qual è lo spazio ideale per l’arte di oggi?
Soffermiamoci sul mondo dell’arte contemporanea senza addentrare i discorsi verso altre realtà fatte di degrado e conservazione delle opere del passato che, per inciso, meriterebbero molto (appunto!) “spazio” per colmare queste pagine nere di cronaca d’arte e di incuria.
Basti pensare alle innumerevoli opere d’arte a cielo aperto, agli scavi archeologici, ai capolavori dimenticati in depositi e magazzini, magari ancora da scoprire, catalogare e restaurare…

2001 Odissea nello Spazio
2001 Odissea nello Spazio

Stop! Fermiamoci! Pensiamo invece a disquisire sul mondo contemporaneo fatto di sperimentazioni, artisti nuovi non ancora lanciati sul mercato o storicizzati, aree da occupare e respiro nuovo da dare a chi fa video, performance, installazioni, nuovi materiali e nuovo modo di concepire la creatività dove le idee abbisognano di tempo e di novità.
Se la mente fa un rapido giro, solo per restare nel panorama italiano, quanti musei e spazi ci sono, nati veramente per l’arte contemporanea?

2016 - conoscenza e scienza
2016 – conoscenza e scienza

Qualche nome? Fondazione Prada, Fondazione Pinault, Triennale Design Museum, Biennale d’Arte di Venezia, Palazzo Grassi, Fondazione Querini Stampalia, Fondazione Querini Stampalia, Fondazione Merz, Fondazione Cini, seguiti poi da tutta una serie di musei-centri che sono acronimi divertenti quali MAXXI, MAMBO, MART, GAM, GNAM
Fondazioni, musei, centri culturali creati appositamente per contenere collezioni e opere che trovano il giusto sollievo perché, come si dice sempre, “l’arte contemporanea ha bisogno di spazio e di respirare” e allora vai di nomi altisonanti di archistar che completano il panorama con azzardate architetture (vere e splendide sculture-opere d’arte) a volte tanto belle quanto inutili, contenitori vuoti da riempire ma privi di anima solo di personalità (ed ego) dell’archistar.

 MAXXI museo d'arte contemporanea di Roma
MAXXI museo d’arte contemporanea di Roma

Un esempio può chiarire il concetto appena esposto: se da telespettatore guardo da casa l’intervista ad un personaggio famoso penso che la mia attenzione debba essere catturata dall’immagine e dalle risposte di costui, ma se invece ad un certo punto l’intervistatore “ruba” la scena e si mette, che ne so, le dita nel naso o si presenta vestito con colori sgargianti contornato da accessori che conducono la mia attenzione verso di lui e non più verso chi intervista, che risultato ottengo? Cosa succede se sposto il mio interesse verso colui che dovrebbe essere marginale e di supporto al personaggio di cui mi interessa sapere, almeno, cosa dice? Dimentico il focus iniziale a favore di chi sta ai lati? Apprezzo lo sforzo ma amo chi sa valorizzare e non nascondere, ridicolizzare o dimenticare a cosa serve lo spazio proposto.

progetto di archistar
progetto di archistar

E ritornando al nostro quesito iniziale “l’arte contemporanea ha bisogno di spazio e di respirare” rispondo con un “dipende”, da cosa? Dipende dalle opere, dalle cose da mostrare e da come inscenarle: un video vive anche in una stanza in cui si concentra il buio e il raccoglimento, così come un’opera di Jackson Pollock o di Richard Serra hanno bisogno di stanze enormi, altri artisti si “accontentano” di stanze e di luoghi più raccolti.

Richard Serra
Richard Serra

Come non citare poi, dall’altro lato, la miriade di recuperi di archeologia industriale tra vecchie fabbriche, edifici nati con altre funzioni e ora adibiti a musei o centri culturali? E che dire dei numerosi palazzi e ville che sono ora sede di importanti fondazioni e mostre? Spesso si dimentica che la loro iniziale mansione era relegata a nucleo abitativo o a produzione industriale e non sempre questi recuperi risultano felici.
Chi non ricorda mostre soffocanti in stanze minuscole con opere di largo richiamo che coinvolgono milioni di visitatori? La sede meno consona possibile? A volte si, ma in mancanza d’altro cosa fare? Rinunciare ad un pezzo d’arte importante per mancanza di spazio? Essere selettivi all’ingresso? Abbattere muri e allargare? Chiedere a gran voce condoni edilizi e “più largo per tutti”?
Credo invece che gli spazi d’arte per l’arte siano essenziali per PARLARE e FARE arte, per mettere in moto le discussioni, per creare, per confrontarsi e per dare spazio, davvero LO SPAZIO, a quello che serve al mondo contemporaneo: opportunità e voce ai pensieri, poi, se si parla di artisti ormai storicizzati e famosi o di giovani sconosciuti intimiditi dal sistema artistico, ben vengano minuscole stanze strette, scantinati adibiti ad atelier, sottopalchi come sedi espositive, hangar kilometrici e silos enormi tutto per poter dare voce all’arte e a chi la produce, perché poi siamo noi, noi persone comuni che la consumiamo.

 Jackson Pollock, 1950
Jackson Pollock, 1950