Pubblicato il 17 luglio 2015 in http://vecchiatoart.blogspot.it
A Marika,
insegna a Bianca che “sulla cima dell’Olimpo c’è una magica città”
perché “come un moschettiere batterti sai tu”
14 luglio 1789: presa della Bastiglia e inizio della Rivoluzione Francese, la guerra che sancisce la nascita di un’Europa nuova, di uno Stato moderno e soprattutto dell’abbattimento della monarchia a favore del concetto di POPOLO.
14 luglio 2015: io penso invece che oggi sia la ricorrenza della morte Lady Oscar e che il 13 luglio 1789, il giorno prima, era morto il suo grande amore André.
Direttamente dal Giappone sugli schermi televisivi italiani a fine anni Settanta era sbarcata e cominciata da qualche tempo l’invasione di cartoni animati serializzati che raccontavano storie di Ufo Robot che combattevano per il bene contro il male alieno invasore sulla terra, attraverso razzi fotonici, alabarde spaziali, pugni rotanti, magli perforanti, boomerang elettronici e tuoni spaziali.
E ancora, la TV era affollata da tutta una serie di sfigate orfanelle alle prese con “caprette che fanno ciao“, come Heidi, Peline, Anna dai capelli rossi, e la regina del melodramma a cartoni, lei: Candy Candy e, per parità dei sessi, la sfiga colpiva anche i maschietti nell’incarnazione di Remì, anzi del Dolce Remì, colui che seminava sfortuna e morte tra animali e persone al suo passaggio.
Il mondo orientale pensò bene di “conquistare” l’occidente in maniera originale, attraverso la sua cultura fatta di manga (fumetti) e di anime (film o serie d’animazione), dopo la Seconda Guerra Mondiale la sconfitta del Giappone aveva segnato un duro colpo all’economia e alla società nipponica e l’orgoglio nazionale si era ripreso investendo e combattendo a suon di ricerca, di tecnologia, di economia e…di anime!
Lady Oscar, il cui titolo originale è “Le Rose di Versailles“, viene prodotto e diffuso in Giappone nel 1979 e trasmesso per la TV in Italia nel 1982.
In 40 episodi della durata di 23 minuti l’uno si racconta la storia della Francia dall’insediamento della giovane Maria Antonietta al trono di Francia al fianco di Luigi XVI fino agli epiloghi della Rivoluzione Francese. La trama, tra realtà e fantasia, si dipana tra intrighi a corte ed episodi storici ricostruiti con dovizia di particolari e sottolineati da musiche orchestrate appositamente per il prodotto, un lavoro che l’autrice, Riyoko Ikeda, ha seguito con scrupolosità nel manga prima e nell’anime poi mettendo in evidenza soprattutto le caratteristiche psicologiche di ogni personaggio.
L’aspetto emozionale e introspettivo si avverte inoltre già nelle prime battute del cartone animato, crisi e panico per una vita sessuale non vissuta pienamente si avvertono: Lady Oscar è una donna cresciuta come un maschio perché “il buon padre voleva un maschietto, ma ahimè sei nata tu, nella culla ti han messo un fioretto, Lady dal fiocco blu” come ci ricordava ogni giorno la sigla del cartone animato cantata da I Cavalieri del Re.
Un insegnamento per le giovani generazioni future: anche attraverso un cartone animato passa la “guerra” dei sessi e la piena consapevolezza di una propria identità sessuale, abbattendo in questo modo la sola certezza che esistono uomini che amano donne ma anche uomini che amano uomini e donne che amano donne, perché l’amore non ha sesso.
La generazione dei nati negli anni Settanta e Ottanta ha quindi vissuto un mondo di fantasia e colori composto da epiche battaglie galattiche, capitani interstellari e moderni pirati, ricostruzioni storiche, drammi su bambini senza famiglia, la mitologia rivisitata da un’ipotetica pasticciona figlia di Apollo, Pollon, ragazzine preadolescenti che con uso di poteri magici si trasformavano in deliziose ragazze canterine o dedite a salvare il mondo o a ricercare oggetti magici che rispondevano al nome di Creamy, Lulù, Sandy, Georgie, Gigi, Fiorellino, Emi.
I “padri” hanno quindi combattuto la guerra, l’hanno vissuta e vista, hanno avuto il coraggio di ricominciare e di bearsi di un boom economico successivo, di lottare ideali per la pace, per la libertà sessuale, per i diritti al lavoro, per un mondo in cambiamento.
I “figli” vivono invece i drammi attraverso la TV che li coccola, li vizia, li istruisce a suo piacimento e li relega dentro un contenitore, dove storia, magia, dramma, divertimento e mondi epici prendono vita: si era a fianco di Capitan Harlock nell’Arcadia, si indossavano i guanti e si univano i pugni per perpetuare la trasformazione di Hiroshi Shiba in Jeeg Robot d’acciaio, si agitavano improbabili bacchette magiche con l’illusione di trasformarsi in qualcun altro, si sperava che Terence baciasse Candy e mollasse l’amputata di Susanna e si rileggeva la storia di Francia attraverso Lady Oscar.
Quei bambini sono gli adulti di oggi che perpetuano magie contro la realtà quotidiana, hanno nuove battaglie da combattere e spazi da difendere: un’insicurezza data da un lavoro mai certo, “giovani” che sono chiamati cosi anche se superano i 40 anni di età, politica che non sa che pesci pigliare quando la gente saprebbe invece chi pigliare a pesci, drammi per l’Euro e le conseguenze che si potrebbero causare, nuove guerre sante in atto.
Da piccoli era tutto un susseguirsi di “sembra talco ma non è serve a darti l’allegria” (C’era una volta…Pollon, certo, riletto ora più che equivoco…) e di “Ed ora con l’aiuto del sole vincerò! Attacco solare!” (Daitarn III), ora i nomi che si susseguono sono sigle e non più epiche frasi da gridare a squarciagola e stanno a significare il cambiamento avvenuto in questi decenni al grido: WEB, FACEBOOK, INSTANGRAM, SOCIAL NETWORK, ISIS, AIDS, EXPO, PRIDE, TABLET, IMU, IVA, IRPEF, TASI, SMARTPHONE, WHATSAPP, SCANNER, INTERNET, ZIP, YOUTUBE… ci si ritrova nel mondo reale.
Sono solamente parole, parole usate comunemente e presto dimenticate a favore di altre, come a suo tempo nel 1789 lo furono le parole della sommossa popolare che scaturì nella Rivoluzione Francese: Liberté, Égalité, Fraternité.
Termini che ancora oggi tuonano e risuonano con un significato di appartenenza ad un popolo, ad una nazione e ad un’identità sociale e culturale.
Responsabile dell’insegnamento della storia francese e di una pietra fondamentale dell’occidente lo è stato proprio un cartone animato giapponese, la rivincita sull’occidente? Forse si.
Da allora sempre più il mondo orientale ha invaso la nostra cultura e anche il polo artistico si è spostato verso altri lidi, verso altri artisti a volte dai nomi impronunciabili ma dalle idee ben chiare: Takashi Murakami, con le sue opere provenienti direttamente da manga e anime della sua natia terra.
Mariko Mori, uscita da navi spaziali installate in musei e mostre, Nara Yoshimoto, con i suoi bambini arrabbiati e stereotipati come tanti cartoni animati colorati, Nobuyoshi Araki, la versione adulta, perversa e godereccia del bambino cresciuto.
Yoko Ono, la giapponese occidentalizzata, Yasumasa Morimura, artista che si traveste assumendo le sembianze dei personaggi scelti, soprattutto occidentali, marcando cosi il disagio che la popolazione giapponese ha nel subire la cultura occidentale.
Hiroshi Sugimoto, fotografo tagliante con il rapporto tra luce e ombra indagatore del presente, Yayoi Kusama, con la sua arte colorata a tratti psichedelica ha conquistato le maison di moda francesi, Chiho Aoshima, giovane artista dai capolavori usciti direttamente dalla fantasia manga orientale.
Oggi le generazioni dei “giovani” guardano gli artisti orientali e si riconoscono nei loro tratti, nei loro cartoni animati stilizzati e ricomposti tanto da influenzarne anche l’arte, la cultura e la moda.
Gli stessi “giovani” poi finiscono per ricomprarsi l’infanzia riacquistando, grazie ad uno studiato marketing e merchandising, dvd, libri, film rieditati e cd i ricordi del loro passato: un’altra conquista del mondo nipponico, un altro abbattimento delle frontiere a favore di un mondo sempre più totalizzante e globalizzato.